Se la coalizione contro l’Isis sta prendendo forma ciò è dovuto alla ferrea volontà dello Stato Maggiore americano nella strategia di media durata che coinvolgerà non solo gli stati Nato. L’inviato di Obama, Allen, sta convincendo la Giordania e l’Araba Saudita a prendere parte all’offensiva di terra e a supporto delle incursioni aeree proprio per costringere in un abbraccio i musulmani sunniti e sciiti contro l’afflato mortale dell’IS.
Non sarà difficile coinvolgerli gli eserciti, incluso Qatar e UAE, quanto coordinarli sui fronti e integrarli nei comandi. Sappiamo che durante le guerre del Golfo siano state addestrate, ma la costituzione di un’alleanza militare nella penisola senza un comando integrato potrebbe manifestare lacune tra attività ordinarie e operazioni straordinarie da parte degli alleati Nato. Potrebbe rivelarsi vincente offrire alla Turchia il coordinamento delle attività su terreno, essendo i loro ufficiali conoscitori delle lingue arabe e dell’iranico, del curdo e dell’ebraico. Quanto meno limiterebbe gli errori e le incomprensioni sui vari fronti di contenimento e indurrebbe all’accerchiamento continuo delle milizie impazzite. Il rischio maggiore che corre la coalizione sarà la follia dei miliziani e la creatività demoniaca che accompagna le azioni contro le popolazioni.
Una strategia seria di deception dovrebbe affiancare i governi della coalizione per redimere l’attrazione che tali atti inducono nei giovani e nelle comunità islamiche. Lascia perplessi la strategia normativa che Germania ed Austria hanno adottato per affrontare gli ipotetici terroristi e le loro reti di finanziamento, nonchè di tradurre ufficialmente il Corano in tedesco. La contraddizione maggiore la si rileva proprio quando a capo della Nato europea vi si trova un comandante tedesco. E pensare che fino a sei mesi fa il governo tedesco invitasse gli integralisti a unirsi alla Jihad per svuotare la Germania di ipotetici terroristi che avrebbero potuto agire all’interno.
L’Iran e la Russia hanno dichiarato che vorrebbero fare la loro parte sia a fianco della Siria che per contenere un eventuale avanzata verso Est, che potrebbe minacciare l’equilibrio dei curdi con gli iraniani coinvolgendo il resto dei suoi territori. Ecco come le difficoltà di coordinamento in tal caso risulterebbero fatali alla coalizione. Si potrebbero verificare incidenti di fuoco amico e – se la memoria storica non tradisce- la missione divenga in un attimo un groviglio di interessi particolari trasformati in guerriglia totale.
La linea di comando sarà a guida Usa e Francia, in attesa che anche Canada e Belgio rafforzino il fronte franco inglese insieme alla presenza australiana sul campo.
Certo che lascia l’amaro in bocca non vedere una presenza italiana sul fronte. Cos’altro dobbiamo subire prima di poter difendere culturalmente e strategicamente l’Italia? Se il prezzo della pace è il disimpegno sarebbe meglio spiegare ai nostri cittadini che la libertà e la democrazia, anche nell’attuale crisi, avranno un costo nel futuro del Paese.
Sempre che in tutto questo scenario vi sia una strategia e non l’improvvisazione, folle!