Una versione ridotta è stata pubblicata da “La Civiltà Cattolica”, 4 ottobre 2014.
In un passaggio della sua Politica methodice digesta atque exemplis sacris et profanis illustrata (1603), riprendendo una nota similitudine, Johannes Althusius così scrive: «come da corde di diverso timbro accordate armonicamente nascono un suono dolcissimo e una soave melodia, nella concatenazione di toni gravi, medi e acuti, così nello Stato si hanno l’accordo e il legame tra chi comanda e chi obbedisce, e dalla condizione dei ricchi e dei poveri, degli industriosi e dei sedentari, da questo tipo di persone diverse per grado, sorge un’armonia soavissima e confacente; e se essa viene guidata verso il concento, ne deriva una concordia lodevole, felice, quasi divina e assai durevole». A leggerle con gli occhi della contemporaneità, queste parole appaiono o come un antico e idealizzato proposito o come un ottimistico auspicio per il prossimo futuro. In effetti, nessuno potrebbe descrivere l’ordine interno degli Stati (nazionali) odierni ricorrendo all’immagine del «suono dolcissimo» e della «soave armonia». Piuttosto, le denunce circa la presenza sempre più invasiva di oligarchie ossificate, le crescenti disuguaglianze sociali e le disparità di opportunità per le nuove generazioni sembrano rinviare a una grande confusione che viene sempre più spesso descritta – con un’immagine ormai abusata, ma ancora (giornalisticamente) efficace – come l’urlo della piazza.
Se siamo arrivati al punto in cui la politica è in ritirata perché incapace di esprimere idee e ideali, le istituzioni (anche quelle internazionali) sotto scacco e oggetto di sfiducia crescente e le classi dirigenti impreparate e incapaci di esprimere qualità positive, è necessario comprendere le motivazioni che ci hanno condotti in questa fase di profondo disagio. La strada più utile da percorrere non è quella che ci induce a soffermarci su singoli episodi della nostra storia nazionale (o globale), casomai chiudendosi entro un unico recinto disciplinare (o scientifico). Al contrario, un’indicazione valida per capire lo stato presente della nostra democrazia può giungerci solo soffermandosi sulle trasformazioni di lungo periodo, sui cambiamenti che hanno interessato (e interessano) in profondità i nostri sistemi istituzionali e politici e, non da ultimo, le nostre società, cercando di non espellere dallo studio del singolo fenomeno tutte le interconnessioni che si consumano più o meno vicino e attorno ad esso.
Un utile strumento per una ricerca di questo tipo, ci viene offerto da Lorenzo Ornaghi attraverso una sua recente pubblicazione: Nell’età della tarda democrazia. Scritti sullo Stato, le istituzioni e la politica. Il libro raccoglie diversi scritti, presentati lungo l’arco di più di un ventennio, preceduti da inedite “Osservazioni introduttive”, che anticipano le coordinate che verranno sviluppate nelle pagine seguenti, e che si aprono con una considerazione che rappresenta un perfetto punto di avvio per la riflessione sulla democrazia che testé si sollecitava.
Scrive l’A.: «Ogniqualvolta in un sistema politico trovi dimora una politica che è soltanto lotta per posizioni personali di potere, o che diffusamente viene percepita come tale, di norma è assai vicino il momento in cui anche le istituzioni di quel sistema politico saranno o appariranno irrimediabilmente incagliate» (p. 9). L’attenzione alle istituzioni è fondamentale perché, poco oltre, l’autore ricorda che le istituzioni – soprattutto quelle politiche – hanno il compito precipuo di «dare ordine alla competizione fra le ‘parti’ politiche e a ogni lotta, più o meno aspra o sfrenata, il cui scopo sia la conquista del potere». Ma, soprattutto, devono impedire che «il vitalismo sociale venga imbrigliato e infiacchito da una politica opprimente e pervasiva» (p. 10).
Il tema delle istituzioni è cruciale per comprendere come mai l’A. definisca “tarda” l’attuale democrazia: a renderla tale è il peso di una catena di «crescenti incongruenze o incoerenze», in particolare quelle «fra le tradizionali istituzioni politiche e una vita feriale della politica democratica in cui “ordinarietà” e “straordinarietà” si scambiano i ruoli e le reciproche prospettive» e fra «il sistema di valori che storicamente stanno alla base delle une e l’insieme di valori (…) di cui l’altra promuove mediocremente l’attuale distribuzione e, ancora più mediocremente, la produzione» (p. 11).
Se assumiamo una prospettiva teorica sulla genesi delle istituzioni sociali di marca post ideologica, di tipo evolutivo-incrementale, debitrice dell’approccio evoluzionista hayekiano, fallibilista popperiano e storicista sturziano, allora le istituzioni ci appaiono riducibili ad idee e ideali che stanno in capo ad individui. Idee e ideali tradotti in regole che, una volta abbracciate, implicano comportamenti ripetuti e che se trasgredite prevedono la sanzione; che sia morale, amministrativa o penale. È questa una possibile traduzione, in termini istituzionali, del punto d’approdo di quel travaglio della democrazia che giunge alla sua epoca ‘tarda’, passando per il “secolo ‘smisurato’” – così l’A. definisce il Novecento – e che non cede necessariamente alla deriva indifferentista, tipica di un funzionalismo esasperato.
Se da un lato le istituzioni della ‘tarda democrazia’ non pagano il prezzo all’ideologia, è altrettanto vero che corrono il rischio di doverlo pagare al pragmatismo e al funzionalismo fini a se stessi, dietro i quali si nascondono difese oltranziste di rendite di posizione. La conoscenza e la comprensione delle istituzioni, ci dice l’A., sono tanto autentiche quanto libere da gregarismi intellettuali e retoriche inutili e ridondanti che invigoriscono le forze ‘contro-democratiche’.
In tal senso, crediamo che l’interpretazione evoluta ed incrementale, se alimentata da una cultura che pone al centro la persona dal punto di vista ontologico, metodologico e morale, possa rappresentare un valido antidoto contro l’indifferentismo post ideologico e il miglior dispositivo per la selezione delle istituzioni sociali: la loro genesi, la loro maturazione e il loro eventuale tramonto.