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Metroweb e tlc, ecco le nuove mire della Cina

Prima Ansaldo Energia. Poi l’ingresso in Cdp Reti che possiede le quote di controllo di Snam e presto anche di Terna. Quindi i dossier aperti su Ansaldo Breda ed Sts. Le ipotesi al vaglio per il secondo fondo di F2i che dividono le banche azioniste della sgr partecipata dalla Cassa depositi e prestiti. E ora anche l’interesse (diretto o indiretto) per Metroweb. Grandi manovre in Italia per i colossi cinesi, specie su reti e infrastrutture, spesso strategiche.

DOSSIER METROWEB

Metroweb sarebbe di nuovo sul mercato. E stavolta ad accaparrarsela potrebbe essere Pechino. Certo, i candidati sono diversi: come riporta il Sole 24 Ore “a quanto risulta, la rete in fibra ottica milanese è stata proposta a Fastweb che qualche anno fa se ne era distaccata, conservando una quota intorno all’11% nella società operativa”. Non solo. La rete Metroweb “potrebbe interessare a Telecom, almeno a stare a quel che si dice in ambienti del settore. Di fatto, quando erano state intavolate trattative con Cdp, per un intervento della Cassa nella newco nella quale avrebbe dovuto essere scorporata la rete di accesso di Telecom, faceva parte del progetto il conferimento di Metroweb nella società della rete. Ora, nonostante Telecom abbia deciso di accantonare definitivamente l’ipotesi di spin-off, il presidente di Cdp Franco Bassanini anche recentemente ha ribadito che i contatti con il gruppo di tlc non si sono mai interrotti, ricordando inoltre l’investimento in Metroweb. Se non si parla più di scorporo della rete, è Telecom che dovrebbe entrare in Metroweb, rilevando la quota di F2i”. Ipotesi rilanciata oggi e approfondita dal supplemento Affari&Finanza del quotidiano la Repubblica.

L’INTERESSE DI TELECOM ITALIA

L’accelerazione del gruppo Telecom presieduto da Giuseppe Recchi e guidato da Marco Patuano – ha scritto il quotidiano la Repubblica – è dovuta a una serie di fattori non ultimo il decreto Sblocca Italia ora all’esame del Parlamento che prevede una serie di incentivi per le aziende di tlc, a partire dal credito di imposta sugli investimenti nelle città. “Le nostre strutture tecniche – ha detto il presidente della Cdp, Franco Bassanini – stimano che le misure determineranno un incremento dell’internl rate of return (redditività dell’investimento) dal + 2,5% al + 3,5%”.

TRA I DUE LITIGANTI…
Eppure all’orizzonte si staglia un altro possibile compratore. China Investment Corporation, il Cic, il fondo sovrano di Pechino che punta dritto a portarsi a casa una quota significativa in F2i. Ad analizzare lo scenario è Francesco Galietti, fondatore della boutique di analisi politico-finanziaria romana Policy Sonar ed ex consigliere di Giulio Tremonti, in un report emesso qualche giorno: “China Investment Corporation mira a comprare una significativa quota in F2i, un investitore locale in infrastrutture in parte di proprietà di Cdp. F2i ha un forte track record di investimenti in infrastrutture con enti pubblici, e può rappresentare per Pechino una porta di ingresso alle municipalizzare. Il timing del deal è interessante, visto che una legge del 2011 richiede alle municipalizzate di consolidare il debito a partire dal 2015, il che può dare seguito a un’inedita ondata di privatizzazioni per evitare choc di bilancio a livello locale. E, ancora più interessante, F2i insieme al Fondo strategico italiano, possiede Metroweb, la società su cui si posano le speranze di modernizzare la rete in fibra ottica italiana anche attraverso l’integrazione con la rete di Telecom”.

LE NUOVE MIRE DELLA CINA

Che l’ipotesi non sia peregrina lo dimostra la storia recente. “Il possibile investimento del Fondo sovrano cinese Cic in F2i segnala – scrive Galietti – significherebbe un maggior coinvolgimento della Cina nell’economia italiana. E già gli attori pubblici cinesi stanno incrementando la propria presenza nel nostro Paese attraverso una serie di deal con la Cdp: prima dell’estate, Cdp ha chiuso la vendita del 35% del veicolo Cdp Reti che controlla la rete elettrica italiana (Terna) e la distribuzione del gas, alla State Grid Corporation of China. La distribuzione di elettricità e gas sono aree sensibili, e altri Paesi europei hanno rifiutato di fare entrare investitori esteri nelle proprie reti”. L’Italia invece ha lasciato fare: e la vendita delle reti è solo l’ultima di una lunga serie di queste “offensive gentili” all’energia nostrana.
“All’inizio dell’anno – continua Galietti – la Banca popolare di Cina ha comprato una quota superiore al 2% in Eni ed Enel. Inoltre Eni ha venduto il 20% del suo progetto in Mozambico alla società petrolifera Cnpc, mentre Enel ha siglato un memorandum di intesa per cooperare sulla smart grid con Liu Zhenya, presidente della China State Grid. Ancora, quattro mesi fa, Shanghai Electric ha acquisito il 40% in Ansaldo Energia, per non dire delle offerte lanciate su Ansaldo Breda e Ansaldo Sts”.


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