Giuseppe Pennisi legge con il consueto, appassionato, disincanto le ultime vicende politiche ed economiche. A partire dal Jobs Act e non solo. Ma l’economista, che presiede il comitato scientifico del centro studi ImpresaLavoro, scorge due settimane cruciali per la politica economica italiana ed europea. Con una sorpresa: il rispetto sbandierato del tetto del 3 per cento del rapporto deficit-pil sarà arduo, per non dire altro: “In effetti – dice Pennisi in una conversazione con Formiche.net – tutti in Europa sanno ciò che già si sa in Presidenza del Consiglio e al Ministero dell’Economia e delle Finanze: restare entro il tetto di un indebitamento della pubblica amministrazione del 3% del Pil è poco più di una finzione”.
LA PREVISIONE DI PENNISI
Già alla prima “trimestrale di cassa” – secondo Pennisi – si annunceranno sforamenti, accusando ‘il destino cinico e baro. “A fine 2015 – aggiunge l’economista – il disavanzo sarà probabilmente attorno al 5% del Pil, non molto differente da quello della Francia. Si sarà sottoposti alle procedure di infrazione della Banca centrale europea, della Commissione Europea e del Fondo monetario internazionale, la tanto aborrita (da qualcuno) troika”.
LA VALUTAZIONE DEL JOBS ACT
La settimana che sta per concludersi, comunque, è stata dominata dalle tematiche del lavoro. In Italia, si è arrivati, non senza tormenti, all’approvazione da parte del Senato della legge quadro (prevede un’ampia e per alcuni aspetti poco chiara delega al Governo) sulla regolamentazione di base dei rapporti di lavoro. A livello europeo, la conferenza dei Capi di Stato e di Governo tenuta a Milano l’8 ottobre ha riguardato i problemi occupazionali nell’UE.
L’ESITO DELLA CONFERENZA EUROPEA
“In ambedue i casi – commento il presidente del comitato scientifico di Impresa Lavoro – si è fatto molto chiasso senza concludere un granché”, taglia corto Pennisi. “La conferenza europea era un’occasione essenzialmente mediatica da cui non si attendavano risultati concreti. Non si attendeva, però, il ‘molto rumor per nulla’ (ed il ricorso al voto di fiducia) per una legge quadro sul lavoro in cui la sostanza viene essenzialmente ‘delegata’ a decreti ancora da predisporre e per i quali sono stati dati principi e criteri estremamente laschi”.
LA CONCLUSIONE DELL’ECONOMISTA
Conclude Pennisi: “Il dibattito in Senato è stato voluto (dall’Esecutivo) essenzialmente per ‘fare ammoina’ in occasione della conferenza europea; da un lato, al fine di dare l’impressione che qualcosa si sta facendo sul piano delle riforme strutturali relative all’economia reale; da un altro, soprattutto, allo scopo di distrarre sia all’interno sia all’estero dal duro lavoro che si deve fare questo fine settimana e nei primi giorni della prossima per mettere a punto il disegno di legge di stabilità (con una ‘manovra’ di almeno 20 miliardi per fare sì che l’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni non superi il 3% del Pil, quanto meno nel preventivo del bilancio e dei conti pubblici)”.