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Basta falsi d’autore: si chiami destra (e non centro-destra) ciò che è di destra

È l’ora di dare a Cesare quello che è di Cesare e alla destra ciò che è di destra. Troppi continuano nostalgicamente (e con qualche becera furbizia) a contrabbandare per centro-destra qualcosa di totalmente diverso da quel movimento politico e culturale animato dall’esigenza di rinnovamento che prese forma, nel 1994, attorno alla forte leadership di Berlusconi, anche grazie al contributo pregnante di uomini della sinistra storica come il prof. Lucio Colletti.

Che c’entrano, con tutto il rispetto, Salvini e la Meloni con i Baget Bozzo, con i Mancuso, i Pera, i Martino, i Biondi, i Marzano o i Vertone?

Chi c’era lo sa, davvero niente!

Il costante tentativo di rianimare un’esperienza politica esanime oltre che eroico (Leopolda Blu docet) appare del tutto legittimo.

Ciò che invece risulta velleitario è il tentativo, assai strumentale oltre che elettoralistico, di travestire da centro-destra ciò che nei toni, negli slogan, ma soprattutto nei contenuti, è di pura destra.

Persino il partito che prima rappresentava la stella polare e perciò stesso la garanzia -al centro- di un’alleanza moderata, oggi appare la sommatoria alquanto “strabica” di due movimenti: “Forza Salvini” e “Forza Renzi”.

L’uno (l’ala vincente) adagiato su posizioni lepeniane, l’altro in procinto di confluire in quel Partito della Nazione che dell’eredità berlusconiana mutua l’afflato riformatore.

Se la discesa in campo del Cav. agevolò l’approdo ad un (per allora) opportuno quanto “singolare” assetto bipolare (si ricordi la trovata della doppia alleanza: FI-AN al sud e FI-Lega al nord), nell’era Renzi l’Italia sembra riscoprire un più naturale equilibrio -per così dire- tripolare. Un assento privo di un vero centro, caratterizzato da un’«area governativa plurale» espressione e summa delle varie sensibilità connaturate alla sfera moderata.

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