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Che cosa è successo davvero nel Sinodo. Parla monsignor Fisichella

Sono trascorse due settimane dalla conclusione del Sinodo straordinario sulla famiglia ma ancora oggi non si spegne l’eco dei dibattiti, e degli scontri, tra i vari partecipanti all’Assemblea. Quale la posizione della Chiesa su questioni scottanti come omosessuali e comunione ai divorziati risposati? Che Chiesa esce da questo Sinodo?

Formiche.net ne ha parlato con monsignor Rino Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione e già Rettore della Pontificia Università Lateranense, nota come “l’università del Papa”.

Eccellenza, Papa Francesco in occasione dell’incontro con il movimento di Schoenstatt ha dichiarato che la famiglia “non è mai stata sotto attacco come adesso”. C’era questa percezione nel corso del Sinodo da poco concluso?
Sì, questa percezione era presente. Anzi, direi che per molti versi è stato convocato proprio per la situazione di profonda crisi in cui si trova oggi la famiglia. Una crisi che è di duplice origine. Da una parte, infatti, vi è una tendenza della cultura contemporanea che spinge a soluzioni differenti dall’impegno del matrimonio e della costruzione di una famiglia. Dall’altro lato, poi, assistiamo ad una profonda crisi di fede che ha messo a dura prova la trasmissione della fede in famiglia. Il Sinodo, quindi, è stato convocato non solo per analizzare le risposte che ci sono giunte da tutto il mondo riguardo alla situazione della famiglia nei vari paesi ma soprattutto per capire come la Chiesa possa essere in grado di dare una risposta coerente a queste sfide.

Il Segretario Generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, prima dell’inizio del Sinodo aveva dichiarato che le questioni dei divorziati risposati e degli omosessuali sarebbero state marginali rispetto ad altre tematiche. Da quanto filtrato sulla stampa, però, sembra che siano stati affrontati solamente questi temi. E’ stato veramente così?
E’ sicuramente vero che questi due argomenti sono stati trattati, ma non come la stampa li ha presentati, ovvero come se fossero l’oggetto di dibattito di due settimane di incontro sinodale. C’è stata a mio avviso un’enfasi eccessiva della stampa internazionale su queste due tematiche, andando così di fatto ad oscurare quello che è stato il vero dibattito sinodale che ha permesso di considerare alcuni aspetti della crisi della famiglia. Sarebbe stato certamente più coerente se il dibattito sinodale avesse avuto una ricezione diversa da quella che di fatto si è sperimentata.

E’ giusto negare la comunione ai divorziati risposati? Non appartengono anche loro alla Chiesa?
Certamente che sono parte della Chiesa. Sono battezzati, hanno ricevuto il sacramento della confermazione, hanno ricevuto l’eucarestia e hanno celebrato il matrimonio sacramentale. Ed è proprio questo il punto nodale che abbiamo affrontato: quali strade possono essere aperte per dare la possibilità ai divorziati risposati di continuare ad essere sostenuti dalla Grazia di Dio nel nuovo matrimonio? Il Sinodo non era chiamato a fornire una propria proposta bensì a riflettere ed introdurre tale problematica al prossimo Sinodo ordinario del 2015, presentando così al Papa una gamma di possibilità che gli consentano di prendere delle decisioni in proposito.

A quali possibili soluzioni ha quindi pensato il Sinodo?
Sono diverse le possibilità discusse. C’è chi ha avanzato l’idea di uno snellimento della prassi dei processi di nullità matrimoniale. Io stesso mi sono fatto premura di dire che deve essere garantita la gratuità di tali cause, dato che non deve correre alcun sospetto sulla Chiesa che una dichiarazione di nullità possa avere un senso di guadagno o che possano accedervi solo le persone che dispongono di mezzi finanziari. Altri, invece, hanno proposto uno snellimento di questa cause non tanto dal punto di vista processuale quanto da quello amministrativo. C’è anche chi, poi, ha proposto dei percorsi penitenziali sotto la guida del Vescovo diocesano. Insomma, ci ritroviamo con alcune “piste” su cui ancora dobbiamo riflettere e studiare.

La giornalista e scrittrice Costanza Miriano, nel corso della presentazione del libro del cardinale Müller sulla famiglia, ha dichiarato che “il primo diritto dei bambini è avere un padre ed una madre”. C’è posto per gli omosessuali nella Chiesa? Il cardinale Marx ha recentemente affermato di non sentirsi di “dire loro che non possono vivere il Vangelo”…
Chi ha mai detto che un omosessuale non può vivere il Vangelo? Chiunque può farlo. E mi sembra pienamente condivisibile questa duplice espressione, sia che ogni bambino abbia diritto ad un padre ed una madre sia che ogni persona, indipendentemente dalla propria tendenza, possa vivere il Vangelo. Non è infatti questo ad essere in questione. Il primo aspetto problematico, infatti, è se la Chiesa ed il Sinodo approvino le nozze tra omosessuali e, quindi, la famiglia omosessuale. Su questo punto il Sinodo è stato molto chiaro: ha infatti detto che non solo c’è un diritto alla genitorialità ed alla complementarità dei sessi dei genitori ma i padri sinodali hanno anche denunciato la forza di alcune lobby che impediscono che arrivino gli aiuti finanziari ed economici là dove ci sono oggettive condizioni di povertà se non vengono accettati alcuni prerequisiti quale, ad esempio, quello del matrimonio omosessuale. L’altra questione, poi, è se si debba fare una pastorale in maniera “settaria”. In tal caso ci ritroveremmo tante pastorali quante sono le categorie di persone. Una soluzione che non mi convince, dato che la parrocchia è il luogo dove sono accolti tutti indipendentemente dalla situazione che vivono e dalle tendenze che hanno.

Lei ha mostrato un atteggiamento piuttosto critico nei confronti della relazione intermedia del cardinale Erdo, affermando che non la avrebbe votata, senza però arrivare a definirla come “vergognosa” come fatto da alcuni suoi “colleghi”. Cosa conteneva di così inaccettabile?
Quando un giornalista prende soltanto la prima frase del discorso e la fa diventare l’oggetto principale manifesta poca professionalità. Nessuno al Sinodo avrebbe votato quella relazione perché non era finale ma soltanto intermedia. Era solo una relazione preparatoria alla discussione nei circoli minori. Come tutte le relazioni preparatorie, aveva bisogno di essere integrata e discussa. D’altra parte in quella relazione mancavano parecchie tematiche che sono state poi integrate sia dalla relazione finale che dalle relazioni emerse dai circoli minori.

Un’ultima domanda. Che Chiesa esce da questo Sinodo? Una Chiesa lacerata dalla divisione tra progressisti e conservatori o una Chiesa in ascolto del “Popolo di Dio”?
Se la Chiesa non fosse in ascolto costante del “Popolo di Dio” non sarebbe la Chiesa di Gesù Cristo. Noi dobbiamo essere sempre all’ascolto ma anche capaci di leggere i segni dei tempi, come ci ha insegnato il Concilio Vaticano II. Questo significa essere capaci di scoprire tutti quei segni positivi che ci vengono dati nella nostra storia. Davanti alle famiglie che vivono con entusiasmo e fatica la loro avventura matrimoniale e davanti ai giovani che spesso sono ingannati da messaggi che fanno propri senza comprenderne i limiti non vedo una Chiesa lacerata. E’ indubbio però che sia sorta una certa perplessità e confusione intorno ad alcuni messaggi che la Chiesa ha proposto. Di questo dobbiamo dispiacerci perché significa che non siamo stati capaci di esprimerci al meglio. Abbiamo però dinanzi a noi un anno che ancora una volta ci aiuta a prendere in mano in maniera positiva il contenuto del dibattito sinodale, di approfondirlo, di verificarlo nelle nostre comunità e di arrivare al prossimo Sinodo del 2015 con un’altrettanta preparazione e col desiderio di dare risposte positive a problemi che sono ancora presenti.


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