I servizi d’intelligence di molti Paesi del mondo svolgono non solo funzioni di carattere informativo – e cioè la raccolta di informazioni e l’elaborazione di analisi a supporto dei decisori politici. Molti governi affidano ai servizi anche la conduzione delle covert actions (operazioni coperte).
COVERT ACTIONS: A COSA SERVONO
Una covert action è un intervento segreto teso a manipolare o influenzare un governo straniero, oppure eventi o situazioni all’estero, allo scopo di tutelare la sicurezza o promuovere gli interessi dello Stato che intraprende l’operazione. Un governo che ricorre all’intervento segreto vuole esercitare influenza in maniera invisibile. Se l’operazione dovesse venire alla luce tale governo deve essere in grado di negare in modo plausibile ogni coinvolgimento.
TIPOLOGIE DI COVERT ACTION
Si possono individuare cinque diverse forme di covert action: operazioni psicologiche e di propaganda occulta, finalizzate a manipolare le percezioni dei decisori politici e/o dell’opinione pubblica del Paese bersaglio; operazioni politiche, come il finanziamento segreto a favore di partiti e movimenti politici, sindacati, mass media e istituti culturali; operazioni paramilitari di vario tipo (tra cui sostegno militare segreto a movimenti insurrezionali e di guerriglia, rovesciamento di un governo tramite un colpo di Stato, assassini mirati di leader politici o esponenti terroristici); operazioni miranti a destabilizzare l’economia di un Paese.
IL PROBLEMA AMERICANO
Gli Stati Uniti, a partire dagli inizi della Guerra fredda, hanno praticato tutte le forme suindicate di covert action, affidandone l’attuazione soprattutto alla Cia. Tuttavia, il ricorso ad esse è sempre stato controverso in America, perché percepito da molti come moralmente discutibile e contrario ai valori della democrazia. Nella seconda metà degli anni Settanta le operazioni coperte vennero per qualche anno fortemente ridimensionate dagli stessi decisori politici americani. Durante la Guerra fredda i tre principali obiettivi strategici della covert action americana erano il contrasto e contenimento della strategia espansionistica dell’Unione Sovietica, il sostegno a governi filo-occidentali presi di mira dalla sovversione sovietica e comunista, e la destabilizzazione di governi filo-sovietici, soprattutto nel Terzo Mondo. Per esempio nelle elezioni politiche italiane nel 1948 la Cia finanziò segretamente la Democrazia cristiana per scongiurare una vittoria elettorale di un Pci strettamente collegato a Mosca. I finanziamenti occulti della Cia a favore di partiti politici anti-comunisti in Italia continuarono fino agli anni Settanta. Tra i numerosissimi interventi segreti della Cia durante l’epoca dello scontro Est-Ovest si possono anche ricordare il rovesciamento del governo Mossadeq in Iran nel 1953, la destabilizzazione del governo Allende in Cile nel 1970-73 e il sostegno negli anni Ottanta ai mujaheddin in Afghanistan che combattevano contro gli occupanti sovietici.
LA SFIDA POST-11 SETTEMBRE
Finita la Guerra fredda e la minaccia sovietica, negli anni Novanta a Washington si moltiplicarono i tentativi tesi a ridurre drasticamente, se non ad abolire, le covert actions americane. Tuttavia dopo gli attentati terroristi dell’11 settembre 2001 esse vennero ripristinate in funzione della lotta contro Al Qaeda. Così alla Cia viene assegnato il compito di catturare o uccidere esponenti di spicco di questa organizzazione (così come per anni i servizi israeliani hanno condotto operazioni finalizzate a eliminare fisicamente i capi del terrorismo palestinese), nonché di intraprendere attività di propaganda occulta nel mondo islamico tesa a contrastare il jihadismo con il soft power. I servizi segreti europei attualmente sono meno propensi a potenziare le operazioni coperte, anche se è verosimile che gli apparati d’intelligence britannici e francesi conservino alcune capacità in questo campo.
MENO SCRUPOLI TRA I BRICS
Nei Paesi occidentali è diffusa, tra gli opinion maker e la classe politica, l’idea secondo cui una democrazia non dovrebbe ricorrere alle operazioni coperte, o dovrebbe farlo solo in casi di estremo pericolo. L’utilizzo di questo strumento da parte delle democrazie si è sempre scontrato con la comprensibile diffidenza che le società aperte nutrono nei confronti della politica estera occulta, la quale è invisibile all’opinione pubblica e sottratta al controllo di quest’ultima. A differenza dell’occidente, le grandi potenze del mondo non-occidentale (Cina, Russia, India e Iran) non mettono in discussione il valore dell’intervento segreto, da esse ritenuto uno strumento indispensabile di politica estera, e talvolta di politica interna. Peraltro, la covert action rappresenta uno dei compiti più importanti affidati ai servizi d’intelligence di tali potenze. Nella cultura d’intelligence occidentale, invece, vengono enfatizzate la ricerca e l’analisi delle informazioni, e si tende a considerare la covert action come un’attività estranea al core business dei servizi.
ALLA RICERCA DI UN NUOVO APPROCCIO
Nonostante i difficili problemi morali e politici posti dalla covert action, le democrazie occidentali non possono permettersi di rinunciare a questo strumento. Una robusta capacità di intervento segreto sarà sempre più necessaria per consentire alle democrazie di fronteggiare le molteplici minacce del XXI secolo, tra cui terrorismo con armi non-convenzionali, cyber-war, guerre regionali, criminalità transnazionale e pandemie globali. L’occidente deve elaborare un nuovo approccio alla covert action che rappresenti una via di mezzo tra un idealismo eccessivamente moralistico che rifiuta l’intervento segreto e un realismo amorale svincolato dai valori fondamentali della società aperta. I governi occidentali dovranno ricorre alle operazioni coperte con prudenza, cercando sempre di trovare un equilibrio tra le esigenze del realismo e il rispetto dei valori politici e morali della civiltà occidentale.
Luigi Sergio Germani è Direttore dell’Istituto Gino Germani di Scienze sociali e Studi strategici presso la Link Campus University