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Dalla parte di Napolitano e dell’Italia

La volgarità del rito inutile, offensivo e deleterio per la credibilità delle istituzioni e l’autorevolezza dello stato di diritto come l’interrogatorio a Napolitano al Quirinale, ha segnato una settimana infamante per il nostro Paese, e le immagini della rissa nelle strade romane con urli e offese perfide comprese a chi si trovava a passare dalle parti delle guerriglie, mi hanno fatto capire quanto siamo arrivati in fondo. L’anti politica ha colpito ancora con questa ossessione dei miti della trasparenza assoluta, della verità a tutti i costi, e un pericoloso disprezzo per la riservatezza.

Io affermo con lucida responsabilità che è normale che ci siano atti e questioni destinate a non essere rese pubbliche, perché per esempio, il teatrino della mancata elezione dei due membri della Corte Costituzionale è un ulteriore segno di un decadimento istituzionale senza precedenti. Abbiamo una delirante autoreferenzialità fuori controllo della magistratura, la distruzione in diretta di un Parlamento rissoso e passacarte, la sicurezza che il bene comune non sia più un valore e l’approssimazione e gli slogan siano “il nuovo che avanza” ci umilia.

Mi avvilisce il disprezzo per l’impegno che tante persone perbene continuano ad assicurare a queste istituzioni, persone come chi scrive in balia di una situazione politica demenziale tenuta con i fili da uomini e donne che in nome del potere sacrificano spietatamente ogni valore. Oggi si sta diffondendo in aree della popolazione sinceramente democratiche la convinzione e la preoccupazione che il Paese abbia raggiunto un tale livello di degrado politico e istituzionale da rendere inevitabile, e auspicabile, che qualcuno di buona volontà, cultura democratica e senso dello Stato s’incarichi di rimettere le cose a posto, con la consapevolezza che il declino riguarda tutti ed è responsabilità di tutti, politica e alta burocrazia, mondo economico e società civile.

E allora rimbocchiamoci le maniche e reagiamo: non potrà essere una certa deriva che ha rianimato la Lega con Salvini e verso la quale si è spinta anche la destra di Fratelli d’Italia, non sarà solo Renzi, se pur decisionista all’estremo impegnato in una operazione culturale per cambiare i connotati alla nostra sinistra, vecchia e ancora molto ideologica. Il Paese va pure governato e in una situazione ben chiara e disperata. La situazione dell’Italia nell’eurosistema è molto leggera precaria ed evidente. Scarso il nostro potere decisionale sulle politiche di bilancio e su quello del sistema bancario e gli obblighi che è costretto a contrarre.

Jean-Paul Fitoussi ha affermato: Italia e Francia non hanno affatto rotto gli schemi di gioco di Bruxelles, anzi, si sono fatte imporre i vincoli europei molto più di quanto abbiano raccontato ai propri cittadini. Infatti, che la correzione dei conti rispetto al mezzo punto percentuale previsto dall’Europa sia stata dello 0,33 come dice il Tesoro o dello 0,38 come sostiene chi ha rifatto i calcoli, poco cambia: 17 o 12 decimi di punto che sia, non siamo certo di fronte non si dice ad una rottura, ma neppure ad una significativa presa di posizione. Non lo hanno detto i nostri, come pure i francesi: facciamo così, poi ne riparliamo, lo hanno raccontato agli italiani di averlo detto, per mostrare muscoli che in realtà non abbiamo o che comunque non mostriamo oltre confine. Al contrario, abbiamo negoziato per ridimensionare una forzatura che già era meno importante di quanto non fosse stato fatto immaginare con le solite slide, e che è diventata ancor meno significativa.

Alla fine lo scarto sul deficit programmato è troppo per passare inosservato e poco per determinare un cambio di linea, rispetto a quella a marchio tedesco dell’austerità. Ma proprio perché abbiamo provocato è arrivato anche il secondo colpaccio sulla zucca con le bocciature agli stress test bancari. Nove banche sulle 25 mandate in purgatorio, 4 (poi scese a 2) su 13 quelle bocciate, significa che è stato accertato che un terzo dei problemi del sistema bancario europeo è tricolore. Ma ci siamo accorti con quale disparità valutativa sono trattate (a loro favore) le banche tedesche? Eppure si è fatto intendere che l’Italia è discola. Mentre sarebbe stato sufficiente ben altra attenzione e un po’ di attività lobbistica da parte del governo di Roma per evitare di essere presi in giro. Avremmo potuto far presente le nostre buone ragioni, e se del caso anche alzare la voce. Invece niente. Vogliamo parlarne…



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