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Ecco i nuovi alleati del Califfato

Pubblichiamo un articolo di Affari Internazionali

Quattro giuramenti di fedeltà al Califfo. A farli, la scorsa settimana, diversi gruppi jihadisti che operano in Egitto, Yemen, Libia e Algeria.

La notizia che ha fatto più clamore è certamente quella dell’affiliazione del più pericoloso gruppo terroristico egiziano, Ansar Beit Al-Maqdis (Abm), che secondo alcun analisti potrebbe essere una pedina dell’autoproclamatosi “stato islamico” per espandersi dal Sinai verso il Maghreb.

Ciononostante, il giuramento di Abm va interpretato non tanto nel contesto della “guerra globale al terrorismo” targato Califfo, quanto piuttosto nelle dinamiche interne a un Egitto nelle mani dell’ex generale, ora presidente, Abdel Fattah Al-Sisi.

Questo deve infatti fare i conti con sacche di resistenza di matrice terroristica sempre più aggressive e pericolose nei confronti del suo regime, ritenuto illegittimo.

TRA AL-QAEDA E LO STATO ISLAMICO

Una prima notizia dell’alleanza tra Abm e le truppe del Califfo era già arrivata il 4 novembre. Era stata però smentita dall’account Twitter dei jihadisti egiziani. Questa vicenda ha quindi in primis confermato che le informazioni provenienti dal Sinai vanno prese con le pinze, visto che nella penisola l’accesso ai giornalisti è praticamente negato.

Al contempo, il susseguirsi di promesse e smentite per bocca di Abm mette a nudo la fragilità comunicativa del gruppo egiziano, frutto di una campagna mediatica mal coordinata rispetto a quella quasi impeccabile messa in piedi dai seguaci del Califfo.

È inoltre utile ricordare che i militanti di Abm, seriamente indeboliti dalla campagna dell’esercito egiziano, appartengono a un gruppo nel quale convivono due anime, sin dalla sua nascita nel 2011.

Da una parte ci sono i miliziani che appartengono al “vecchio mondo” di Al-Qaeda, dall’altro i “secessionisti” fanatici dello “stato islamico”. Ecco perché qualora il giuramento di Abm si trasformasse in qualcosa di più operativo, i fedeli al Califfo avrebbero mostrato di prevalere.

NUOVO PROTAGONISTA

Jihadisti a parte, la dichiarazione di Abm spiana la strada all’operazione militare egiziana nel Sinai iniziata otto mesi fa, ma diventata più intensa dopo che, lo scorso maggio, il gruppo terroristico è stato inserito nella lista nera statunitense.

Già prima del giuramento di fedeltà dei jihadisti egiziani, lo scontro in corso nel Sinai era passato da una questione nazionale (che coinvolgeva al massimo Israele, visto il confine con Gaza) a un mal di testa internazionale.

Questa escalation è avvenuta grazie all’astuzia politica di Al-Sisi che è infatti riuscito a sfruttare al meglio il dossier della lotta globale all’autoproclamatosi “stato islamico”, inserendo l’Egitto nella lista dei paesi minacciati dall’avanzata dei terroristi.

Poco importa se i jihadisti che si combattono sono quelli che si ispirano al Califfo o quelli che crescono in casa. Il Cairo ha tutti gli interessi a mostrarsi minacciato da pericolosi “terroristi” (magari anche solo personaggi non in linea con il discorso ufficiale, ma non per questo jihadisti) che vuole reprimere con l’approvazione e la collaborazione internazionale.

Qui l’articolo completo

Azzurra Meringolo è ricercatrice presso lo IAI e caporedattrice di Affarinternazionali. Coordinatrice scientifica di Arab Media Report. Potete seguirla sul suo blog e su twitter a @ragazzitahrir.

Ivan Criscuoli è stagista per la comunicazione dello IAI.


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