Tokyo (+2.2%) ha riconsiderato il dato shock di ieri, giungendo alla conclusione che non farà che alimentare la determinazione dell’esecutivo e della BOJ nel perseverare in politiche economiche e monetarie aggressivamente reflazionarie, l’unica strada percorribile per il Giappone d’oggi.
Abe ha anche ordinato ai ministri di predisporre un nuovo piano di stimolo da 3/4 trilioni di yen (lo 0.4% del GDP), tanto per dare un ulteriore abbrivio alla campagna elettorale.
I mercati hanno accolto le notizie senza particolare euforia. Di fatto si trattava di news in gran parte già scontate, a questo punto. Il QQE varato ad aprile 2013 e appena rafforzato era legato alla promessa dell’esecutivo di perseguire una “struttura fiscale sostenibile” (nella pratica dimezzare il disavanzo primario). La mossa di Abe potrebbe incrinare il rapporto con la BOJ.
Sembra improbabile però che il governatore BOJ si metta di traverso viste le circostanze. Forse si limiterà a ribadire l’importanza delal responsabilità fiscale, senza affondare i colpi. Kuroda a parte, la svolta di Abe non è sfuggita alle agenzie di Rating, con Fitch che l’ha già etichettata uno “sviluppo significativo”.
Ammesso che Kuroda avalli, il focus passa sul risultato elettorale. La camera ha 480 seggi. La coalizione di governo (LDP/Komei) ne controlla 325, 5 in più della cosiddetta “supermaggioranza” (2/3 dei seggi). L’LDP ne ha 294. L’obiettivo di Abe è di conservare la supermaggioranza, ottenendo la possibilità di pportare a termine la legislatura e nello stesso tempo ottenere un nuovo rimpasto del team di governo. Il 70% degli elettori è favorevole al rinvio dell’IVA, un buon viatico.