Al primo vero, autentico test elettorale, il Pd di Matteo Renzi, anche avendo conquistato due Regioni, Emila-Romagna e Calabria, entrambe devastate da corruzione dilagante e uso poco accorto del potere, registra una perdita secca di 769.336 voti rispetto alle europee di maggio 2014 e lungo la via Emilia ne lascia per strada 677.283.
Ritenere questo risultato una vittoria, abbiamo vinto due a zero netto, ha esultato Renzi, è non aver alcun rispetto per la verità nè per gli elettori: se qualcuno ha vinto, anzi ha trionfato, è il partito dell’astensione: sei elettori su dieci hanno disertato le urne e, in particolare, in Emilia alle urne si è recato a votare solo il 37,7% (contro il 68,1 delle elezioni regionali 2010 e il 70% delle europee); in Calabria ha votato il 43,8% degli aventi diritto (contro il 59% del 2010 e il 45,8% delle europee).
Mentre Renzi canta vittoria a sguarciagola e definisce, brutalmente, secondaria l’astensione, il neo-governatore dell’Emilia, eletto dal 49% del corpo elettorale che in realtà è solo il 18,5%, è molto più prudente e parla di un buon risultato, senza nascondersi la preoccupazione per un inaspetttato allontanamento della gente, soprattutto nostra, dal voto: abbiamo cinque anni per dimostrare di far bene.
Falcidiati, da una parte, i capisaldi del fantasmagorico, magico, irreale centro – FI, Ndc, Udc, Fdi che vanno a far compagnia alla brigata montiana di Scelta Civica – e, dall’altra, l’incolto e sciancato M5S del comico populista Beppe Grillo, resta in pista – competitor del Pd di Renzi – la Lega dell’altro Matteo, il Salvini, con i suoi deliranti programmi a sfondo razzista.
Quel abbiamo vinto due a zero netto pronunciato con tanta protervia e tracotanza da Renzi ha un bersaglio preciso: gli ex-Ds che rischiano seriamente di esser iscritti tra le razze protette, in via di estinzione, a meno che, in extremis, il socialdemocratico Massimo D’Alema, memore dell’amalgama mal riuscito, il Pd, non dimostri davvero che Renzi è un episodio della storia della sinistra italiana, che ha in sè un nobile filone culturale e politico – che va da Antonio Gramsci a Piero Gobetti, da Riccardo Lombardi a Bruno Trentin, da Vittorio Foa a Norberto Bobbio a Giuseppe Di Vittorio, che non figurano nell’osceno pantheon renziano – cui poter attingere idee e pensieri nuovi: l’altra sinistra, laica, acomunista e liberale, non liberista.