Quando Matteo Renzi esultò per l’esito delle elezioni europee 2014 lo scrissi chiaramente: attenzione, le % non possono essere usate in modo così superficiale. La % è una misura statistica molto particolare: è un rapporto tra grandezze e dunque esprime una misura “relativa” non “assoluta”. Se dico abbiamo il 40,8% non dico di fatto nulla: 40,8% rispetto a cosa? A quanti? Lo dico soprattutto a quelli della mia parte: un po’ di obiettività e umiltà. Il 40,8% del 60% di quelli che hanno votato è molto diverso del 40,8% del 30% di quelli che hanno votato. È evidente, non so come meglio dirlo: il 40% di tutti gli aventi diritto è un numero ampiamente più grande del 40,8% di quel 60% che ha votato, per esempio, alle europee. Insomma: 40,8% non ha alcun senso se non è contestualizzato e rapportato a un qualche cosa. Stesso discorso vale oggi per gli esiti delle regionali 2014 in Calabria e in Emilia Romagna.
Nel maggio 2014, Renzi e molti dei suoi più stretti collaboratori e sostenitori hanno usato la retorica spicciola del 40,8% contro la minoranza del PD e contro Bersani per dire: guarda, abbiamo fatto molto meglio di te alle politiche 2013. Quelle stesse persone, però, oggi, dicono: eh, ma non possiamo paragonare i risultati delle regionali con quelle europee. Domanda: prima, invece, si potevano paragonare i risultati delle europee con quelli delle politiche?
Fermiamoci un secondo: o un metro vale sempre o non può valere solo per le occasioni di comodo. Salta subito agli occhi che qualche cosa non va. Quando si fa della retorica un elemento centrale dello stile di comunicazione si deve anche essere consapevoli dei rischi e del fatto che poi non puoi usare una contro-retorica per sfatare la tua stessa retorica. Già cercare di spiegarlo è contorto a sufficienza, ma farlo è follia.
Alcuni, arrampicandosi con grande maestria su vetri insaponati, mi dicono: non contano i numeri assoluti, ma le % perché di fatto i seggi si assegnano così. Niente da eccepire è vero: funziona così. Altri ancora mi dicono: la colpa è di chi non va a votare. Decideranno quelli che votano anche per loro: è vero, in parte, anche questo. Altri ancora dicono: insomma, sei contento di questo esito solo perché non sostieni Renzi. In questo caso è falso: non sono felice, sono estremamente arrabbiato e infastidito. Con chi? Con Renzi, sicuramente e contro una certa superficialità che spesso è arroganza.
Ma al netto delle critiche: la colpa non è dei cittadini che non votano. O per lo meno non è una colpa ma una reazione chiara: questa Politica non ci piace, punto. Ed è molto peggio del voto contrario o dell’arrabbiatura, o dell’anti-politica. Sì, è peggio, perché una quota sempre più grande di persone dicono semplicemente: non ci interessa. Chi fa politica attivamente, chi si occupa di studiare i fenomeni politici, non può liquidare questo fenomeno né come una cosa “normale” o “tipica della modernità” (assurdo fatalismo!) né come una “colpa” di chi non vota (arroganza senza alcuna consapevolezza!). E non può nemmeno rispondermi: sono felice se populisti o persone che votano a destra non vanno. Vinciamo noi. Questa risposta è altrettanto populista e sciocca. Anzi, per certi versi e anche peggio: ma che idea di democrazia ha certa gente? Una bella emancipazione democratica se il nostro scopo è emarginare chi non la pensa come noi e gioire se alle prossime elezioni parteciperanno solo gli ultimi 100.000 iscritti al partito. Questo modo di pensare è un cortocircuito culturale, sociale e politico pericolosissimo.
Comunque, prima di azzardare alcune cause e proporre qualche soluzione, guardiamo bene i dati, paragonando solo quelli relativi alla stessa tipologia di elezione, così non ci sbagliamo: nel 2010, alle regionali dell’Emilia Romagna, il Partito Democratico ottenne il 40,64% dei voti contro il 24,55% del PDL. I candidati erano Vasco Errani (PD) e Anna Maria Bernini (PDL). In numeri assoluti: i candidati con le sole liste principali ottennero rispettivamente 857.613 (PD) e 518.108 (PDL).
Oggi, novembre 2014, l’affluenza alle urne in Emilia Romagna è crollata del 30% mentre in Calabria del 13% (rispetto al 2010). Il PD ha preso il 44,52% (e la %, come dicevo, inganna!) e in numeri assoluti 535.109 voti ossia 322.504 in meno. Se parliamo poi delle europee siamo a -600.000 o giù di lì.
L’astensione è un campanello d’allarme, specialmente se si manifesta in modo così violento e senza precedenti in una terra che solitamente è nota per la ampia partecipazione politica come l’Emilia Romagna. Se collassa la partecipazione, se viene meno l’interesse dei cittadini verso la res publica, se il disinteresse supera l’arrabbiatura, allora è la democrazia stessa ad essere in pericolo. Dietro questo fenomeno c’è un serio problema sociale e culturale che è generato, inutile negarlo, dalla Politica stessa: i cittadini avvertono che nei processi decisionali il loro ruolo è sempre minimo. Molti che erano appassionati si sono lasciati andare, complice anche una comunicazione volgare e violenta di una parte contro l’altra. Questo dato dell’astensione non lo posso separare nettamente dal crollo degli iscritti al PD denunciato qualche settimana fa: anche questo è “disinteresse” ed è una piaga da combattere seriamente. Come? Creando le opportunità del confronto e della partecipazione. Smettendo di usare, specie all’interno del proprio partito, retoriche negative e attacchi gratuiti.
Le responsabilità di chi sono? Ai posteri l’ardua sentenza? No, è chiaro che anche il PD ha commesso errori ed è chiaro che il Segretario ha una responsabilità enorme in questo. Se era davvero la grande novità del 2014 per la politica italiana, il suo carisma avrebbe dovuto trainare la partecipazione… ho visto solo un indietreggiare.
Ultima nota: il M5S è il grande sconfitto in termini assoluti. Nel 2010, con Favia candidato, il M5S ottenne il 7%: in numeri assoluti 160.000 voti. Oggi sono al 13%, ma con 159.000 voti. Il Partito/Movimento dell’antipolitica o del cambiamento radicale non ha convinto nessun elettore nuovo, anzi ne ha persi un migliaio o forse più. L’astensione ci dice anche che queste alternative non sono considerate valide. Grillo dovrebbe riflettere attentamente.
Per quanto riguarda la Lega Nord di Salvini: da 288.000 voti a 233.000. Un flop in termini assoluti, ma in termini relativi è il secondo partito, in questa tornata elettorale in Emilia Romagna. Perché come qualcuno ci ricordava: è così che si assegnano i seggi. Già.
Spero vivamente che ci sia la volontà, almeno nel mio partito, di prendere seriamente questi dati e di smettere di fare una guerra inutile alle minoranze così come spero si voglia smettere con questa assurdità del Partito della Nazione. Ad oggi non mi pare abbia prodotto nessun risultato entusiasmante, se non astensionismo e crisi d’identità politica.