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Meritocrazia. A futura memoria (se la memoria ha un futuro)

La crisi non è solo economica. Vi è una crisi duratura del merito che ormai punta l’attenzione sui mediocri che diventano ovunque classe dirigente. Questa catastrofe, nel tempo,  ne ha originate altre e la storia purtroppo si ripete. In questo senso la ristampa di un libro quale “L’Avvento della meritocrazia”di Michael Young  – Edizioni di Comunità,  avviene proprio in un momento di grande smarrimento sociale per cui il vincere facile, attraverso la logica della scorciatoia,  ha preso il sopravvento sulle più elementari norme di comportamento e dei valori umani. In questo modo,  un libro scritto nel 1958 diviene drammaticamente attuale se si riflette che l’orizzonte dell’autore include un periodo ancora più ampio, quello del 2033, nel quale forse il contesto sarà ancora peggiore, se continuano a mancare anticorpi contro un sistema infetto e ostico da disinfettare, fino alla passiva rinuncia. Questo triste quadro è determinato dalla mancanza assoluta di programmazione, sostituita dall’incessante improvvisazione del capitale umano spesso usato a piacimento dalle assurde regole del vivere civile che producono così una verà e propria inciviltà. In una parola la negazione del giusto e del corretto. E così a riempire i posti chiave sono spesso espressioni del bieco potere interessato solo al mantenimento di posizioni arroccate con allarmanti cerchi magici per cui abili burattinai muovono burattini simbolicamente prescelti per incarichi di riguardo.

“Noi sappiamo che solo dando via libera alla creatività e all’intelligenza ben addestrate e organizzate l’umanità può sperare di raggiungere, nei secoli futuri, le realizzazioni che merita”. Questa frase dell’autore è già illuminante per capirne le enormi negazioni, sia nella società indagata nel libro, ma anche nelle vicende quotidiane ben note alle cronache.

Ogni capitolo è fondamentale per capire il corso del volume, ma “Lo scontro delle forze sociali” è drammaticamente “aggiornato”  al momento attuale. Uno scontro acuto e doloroso che proprio intorno alla negazione del merito ha generato un contesto sociale ingiusto e disgregato. Quando l’autore afferma che “Fino alle riforme dell’amministrazione statale la maggior parte della società era dominata dal nepotismo” cosa aggiungere?

E ancora “Il ritmo del progresso sociale dipende dal grado in cui il potere si accoppia all’intelligenza”. Pensiamo al caso italiano;  siamo in pieno regresso sociale con il primato dell’ignoranza sulle basilari conoscenze che consentono a coloro che hanno solo la forza della cultura e dell’impegno di “salire” nelle classi sociali. Perché,  ci rammenta Young,”La civiltà non dipende dalla massa ignorante, dall'”uomo medio sensuale”, ma dalla minoranza creatrice, dall’innovatore che con un solo gesto può far risparmiare il lavoro di diecimila persone, dai pochi brillanti dalla curiosità inesauribile, dalla dinamica élite che ha reso la mutazione un fatto sociale non meno che biologico

Il libro è troppo importante per una breve sintesi, ma ciò che in queste poche righe si vuole sottolineare è l’effetto di queste analisi lungimiranti sul desolante panorama nazionale.

Il merito in Italia è morto e il vincere facile è più vivo che mai.

C’è chi conosce le strade della conoscenza e chi, invece, le scorciatoie del favore.

Cosa ci insegnano allora le parole di Young? Anzitutto che una società dei mediocri produce un disastroso effetto domino per cui la “mediocritazia” ha purtroppo preso il sopravvento sulla meritocrazia, concetto ancora del tutto vuoto riempito solo con palliativi che  fanno perdere del tempo prezioso al decoro della società.

Rimane la speranza che la minoranza creatrice diventi maggioranza prima del 2033. Mancano meno di venti anni alla “finzione letteraria”, ma l’attualità di questa ristampa è tale da lasciare spazio alla luce per capire meglio il periodo buio che stiamo vivendo.


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