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Perché rischiamo un’altra recessione

Nel corso degli ultimi mesi l’area euro ha evidenziato nuovi sintomi di rallentamento. Il peggioramento degli indicatori è stato condiviso da tutte le principali economie dell’area, compresa la Germania. Considerando la fase di estrema difficoltà degli ultimi anni, soprattutto nei paesi della periferia, è scontato l’allarme con cui si guarda al rischio di un nuovo ripiegamento anche nel 2015.

Il peggioramento degli indicatori congiunturali prodottosi nel corso degli ultimi mesi nell’area
euro sembra riflettere il materializzarsi di spinte deflazionistiche che si stanno traducendo in un aumento dei tassi d’interesse reali, che accresce le difficoltà dei soggetti maggiormente indebitati, depotenziando ulteriormente le armi a disposizione della nostra banca centrale. A questa tendenza si è sovrapposto poi uno shock specifico, costituito dalle tensioni politiche con la Russia a causa della crisi in Ucraina. I limiti agli scambi commerciali hanno anche comportato una caduta delle esportazioni verso la Russia introducendo una nuova fonte di incertezza per le molte imprese la cui attività ha legami significativi con l’area dell’Europa orientale. Si è in tal modo aggravata una tendenza che già vedeva un forte ridimensionamento delle prospettive delle esportazioni dirette verso le economie emergenti dopo l’ondata di svalutazioni che aveva caratterizzato diverse di queste economie.
Altro elemento di incertezza è poi rappresentato dalle ripetute fasi di tensione sui mercati finanziari legate all’abbandono della politica di quantitative easing da parte della Federal Reserve.

Date queste premesse, le prospettive di breve per l’area euro potrebbero condurci verso un nuovo periodo di recessione. Altri elementi sembrano però controbilanciare le spinte recessive in atto. Da una parte lo sfasamento congiunturale dell’area euro ha prodotto nelle ultime settimane una ulteriore discesa dei tassi a lunga europei e un deprezzamento del cambio dell’euro sul dollaro che riflette anche le misure messe in campo dalla Bce per affrontare la fase congiunturale in corso.

Inoltre, lo scenario economico internazionale è caratterizzato in questa fase da una significativa
correzione delle quotazioni delle commodities, in particolare quelle energetiche. Infine, emergono cambiamenti anche nella conduzione delle politiche di bilancio. La fase di
riduzione dei deficit pubblici si sta interrompendo, e difficilmente si aprirà un’altra fase di correzioni fiscali almeno sino a quando la situazione dal punto di vista congiunturale non si sarà rasserenata.

In questa direzione muove anche la politica di bilancio italiana, che abbandona i precedenti
obiettivi di riduzione del defi cit indicando per il 2015 una stabilità in prossimità del 3 per cento.
In realtà gli obiettivi sono leggermente più ambiziosi, anche perché il Governo ha dovuto
ritoccare i target sulla base delle pressioni della Commissione europea. In ogni caso, considerando che la manovra presenta delle criticità in funzione di alcune coperture (dimensione dei tagli alla spesa degli enti locali e del recupero di gettito atteso derivare dalla lotta all’evasione fiscale) è probabile che si riesca a stento a restare al di sotto della soglia del 3 per cento. L’impulso fiscale della manovra all’economia è comunque modesto; la manovra è difatti “espansiva” soltanto nei confronti dello scenario tendenziale a legislazione
vigente. D’altra, parte non è agevole produrre esiti determinanti in termini di espansione della
domanda se ci si ritrova nella condizione di non poter incrementare il livello del deficit pubblico.
Un punto incerto dello schema di policy attuale è però rappresentato dalla misura che permette
ai lavoratori di ricevere il Tfr in busta paga, che potrebbe rappresentare un’opportunità per il
sostegno al reddito corrente di quelle famiglie che si ritrovano ad affrontare una fase di difficoltà.

L’orizzonte della politica fiscale si fa più incerto a partire dal 2016. Formalmente sono stati ribaditi gli obiettivi sui saldi, il che vuol dire che nel 2016 la politica di bilancio risulterebbe fortemente restrittiva. La nostra ipotesi è che in realtà sia avviata una trattativa con le autorità europee, finalizzata a rivedere gli obiettivi anche nei prossimi anni. D’altra parte una normalizzazione della politica di bilancio appare necessaria se l’intento è almeno quello di scongiurare un’altra fase di recessione. E’ a queste condizioni che appare possibile una leggera ripartenza dell’economia, sia pure con ritmi ancora blandi e insufficienti rispetto alle ampie perdite degli anni scorsi.

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