Nel giorno in cui Grillo e i sui vaffa sono stati spediti al «diavolo» e Berlusconi, come era assai prevedibile, ha iniziato a raccogliere quanto seminato in questi ultimi anni, il PD ha trovato il modo di perdere, vincendo.
Ciò che generalmente è fattore di unità, di forza, di compattezza (anche se spesso apparente), la vittoria appunto, per il partitone del Nazzareno sembra rappresentare una sorta di “maledizione” con tanto di resa dei conti, vendette varie, e caccia al “gufo attivo” di turno.
Solo il 40,8% delle scorse europee era riuscito ad annichilire, tramortire, naftalinizzare i profeti del “tanto peggio, tanto meglio”. Quei “compagni di sventura” del Presidente del Consiglio che da tempo attendono operosamente il passo falso per mettere nuova sabbia nel motore del Governo.
La strategia non c’entra. Né, tantomeno, c’entrano l’interesse dei cittadini o il merito dei provvedimenti. Il problema è culturale. Il PD è una miscela esplosiva di cultura governativa di estrazione democristiana in sé liederistica e di cultura d’opposizione dominata dalla sindrome nikefobica (timore della vittoria) greve bagaglio della rassegnazione vetero-comunista.
Meglio perdere bene che vincere male. Questa è la cultura -non detta- della sinistra PD che non ha niente da spartire con l’ispirazione riformatrice del Governo, la reale esigenza di ammodernamento del Paese, o quel segretario “usurpatore” tutto belletti e parlantina.
Mondi, culture, visioni diverse e distanti che sembrano rendere incompatibile ormai anche una semplice convivenza di fatto.
Dietro tutto ciò si gioca il destino di un Paese drammaticamente alla ricerca di sé stesso e di un rilancio socio-culturale credibile oltre che economicamente apprezzabile.
A Renzi sembra restare un’unica autentica chance: “rottamare” il PD (per come lo ha ereditato), consolidare il Governo con un patto politico vero (che possa fungere da volano per nuove adesioni) e drenare in Italia (grazie all’egemonia del PD nel PSE e alla buona sintonia con Draghi e la sua BCE) sostanziose energie europee indispensabili alla rivitalizzazione economica del Paese.
Senza anche una sola di queste azioni, la navigazione fino al 2018 appare assai ardua.