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Ecco su cosa continueranno a bisticciare Renzi e Juncker

Non è solamente questo di pelle. Anche se non è certo piaciuto essere chiamato “burocrate” a Jean-Claude Juncker (che non viene dalla grande aristocrazia europea – il padre era operaio – ma studiando durante si è guadagnato un posto di rilievo nella professione legale, è stato Primo Ministro del Lussemburgo e guida dell’Eurogruppo) da persona che si è laureato in diritto amministrativo “per grazia di Dio e volontà della Nazione” e si può fregiare di un unico impiego nella discussa piccola azienda di famiglia. Tra il lussemburghese entrato nel Gotha europeo ed il Presidente del Consiglio italiano ci sono ottiche molto differenti, frutto di esperienze molto differenti. Non riusciranno mai a dialogare in modo proficuo. Ben presto Renzi rimpiangerà Barroso.

Ci sono, però, nodi di fondo: all’Ecosoc (il Comitato Economico e Sociale dell’Unione Europea, UE) si parla di “colpo di Stato” a proposito della norma con la quale, in legge finanziaria, viene reso non operativo il Cnel. “Se vogliano abolirlo – ha detto una loro delegazione a Juncker – seguano la strada costituzionale. Altrimenti vengano trattati come i colonnelli greci ed i neofascisti ungheresi”.

Preoccupa, poi, il ruolo crescente di mandarini non eletti nell’interazione tra UE; appaiono anche sedicenti “mediatori” improvvisati che aggravano la confusione. In effetti, i servizi della Commissione (guidati da un prodiano di ferro che sarebbe voluto diventare Presidente dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio della Repubblica Italiana) sarebbero stati molto più severi nei confronti della bozza di legge di stabilità. Hanno sempre le coperture pronte contro coperture che sembrano evanescenti. E soprattutto l’Himalaya del debito pubblico.

A Bruxelles le uniche proposte in materia sono venute dallo smantellando Cnel che ha messo a raffronto i vari schemi. Si può pensare a forme innovative di “riscatto”, attuate da alcuni Paesi dell’America Latina e dalla Germania. In America Latina non si trattava di risolvere il nodo del debito pubblico interno (abbastanza contenuto a differenza di quello sull’estero) ma di affrontare il peso di un insostenibile debito previdenziale.

In Germania, il problema era come coniugare denazionalizzazioni con la riduzione del debito dei Länder orientali. In tutti questi casi, per il riscatto sono stati istituiti fondi specifici quali il Treuhandenstat ( Tha) tedesco e si è utilizzato parte dello stock di ricchezza pubblica e privata. Il metodo attuato in Germania potrebbe essere ‘imposto’ all’Italia. Un fondo per riscatto del debito pubblico – si dice a Charlemagne, dove hanno sede gli uffici della Commissione Europea – dovrebbe basarsi su tre pi­lastri: a) parte del patrimonio immobiliare pubblico; b) parte del patrimonio immobiliare privato su base volontaria, in cambio di un’esenzione permanente da eventuali imposte patrimoniali; c) parte dei veri gioielli di famiglia (Enel, Eni, Finmeccanica, Poste Italiane, Sace, St-Microelectronics, Terna, Poligrafico, Sogin, Inail). Rai, Ferrovie, Fincantieri ed altre imprese da denazionalizzare non verrebbero incluse poiché fardelli da rimettere in sesto o da liquidare.

Con un tale “sottostante” in garanzia, il fondo potrebbe emettere titoli a lungo termine (a tassi allineati su quelli di riferimento della Bce) per riscattare il debito pubblico e, in via subordinata, finanziare investimenti a lungo termine di interesse collettivo attual­mente accantonati a ragione delle ristrettezze di bilancio. Il fondo sarebbe un veicolo per denazionalizzare/privatizzare le società/gli enti le cui azioni sarebbero il suo ‘sottostante’.

Ad un’operazione di questa natura ha fatto cenno, quando era Ministro, Fabrizio Saccomanni. Perché funzioni, il “sottostante” do­vrebbe essere aggregato (con una cartolarizzazione) e non dovrebbe essere quotato in Borsa per un certo numero di anni (al fine di costituire una garanzia solida). Potrebbe essere col­locato presso fondi pensione per da­re corpo ad una efficace ed efficiente previdenza integrativa. Ciò richiede­rebbe una preventiva riduzione del loro numero da 700 ad una decina, con effettiva portabilità. L’opposto della polverizzazione (ipertassata) che sta facendo il Governo italiano.

C’è, però, il rischio che satrapi e mandarini vengano chiamati a gestire l’operazione.



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