Lo diciamo ancora una volta: forse non saremo tanto intelligenti ma non abbiamo ancora capito quali siano i numeri veri di questa Legge di Stabilità.
All’inizio, gli annunci raccontavano di un taglio di 18 miliardi di tasse che, andando a vedere tabelle e correzioni UE, si sono ridotti a circa 5,9 miliardi, per di più quasi tutti finanziati a deficit e focalizzati sui lavoratori dipendenti. Sui professionisti, assolutamente niente..
Non ci siamo. Nei giorni scorsi, CONFASSOCIAZIONI, la più grande Confederazione delle professioni innovative e dei servizi all’impresa ( 157 associazioni professionali, circa 260mila professionisti iscritti), ha scritto una lettera al Presidente del Consiglio per chiedere un incontro sui punti che non convincono. Eccone un estratto.
Il focus del Governo dovrebbe quello di rilanciare la crescita attraverso investimenti e sviluppo. Nella Legge di Stabilità non c’è quasi niente. Dove sta, ad esempio, il cofinanziamento dei Fondi Strutturali Europei, senza il quale circa 100 miliardi di euro non potranno essere erogati?
Cosa dire poi del nuovo regime dei minimi? Poco e male: la somma di 850 milioni di euro destinata alle partite IVA è in realtà attribuita per la maggior parte alle (micro)imprese (artigiani e commercianti) e penalizza ancora una volta il lavoro professionale. Degli 850 milioni previsti, infatti, 500 sono riservati agli sgravi contributivi per artigiani e commercianti. Ma, mentre la soglia per accedere agli altri sgravi per i restanti 350 è fissata fino a 40.000 euro per le già citate microimprese, essa è ridotta a soli 15.000 per autonomi e professionisti. In altre parole, anche i 350 milioni residui saranno attribuiti in gran parte ad artigiani e commercianti. Conti alla mano, nell’attuale formulazione, i nostri professionisti a partita IVA “vera” sono penalizzati in modo esagerato: volontà concreta o manovra pre-elettorale?
Anche perché, se l’intento reale fosse favorire le “vere” partite IVA, basterebbero 180 milioni per ridurre l’aliquota degli iscritti alla gestione separata al livello di artigiani e commercianti (dal 30,72% al 24%). Il Governo potrebbe poi decidere liberamente come destinare gli altri 670 milioni.
“Bene” invece la rimodulazione dell’IRAP con l’eliminazione del costo del lavoro a tempo indeterminato Una misura che chiediamo da “secoli” ma che, in realtà, è stata rimandata al 2015 (effetti reali dal 2016). Senza dimenticare che, nel 2014, l’IRAP si paga con l’aliquota piena del 3,9, rispetto al 3,4% che il Governo aveva promesso con l’annunciato taglio del 10%.
In ogni caso, l’importante è non provare a recuperare gettito da qualche altra parte. Ad esempio, finanziando la distribuzione del TFR con i prestiti delle banche: molti dimenticano che l’IRAP si paga anche sugli oneri finanziari dell’impresa. Perché chi si finanzia sul mercato deve pagare un’imposta sugli oneri finanziari? E’ come se un cittadino dovesse pagare una tassa sul mutuo della propria casa.
Un po’ come potrebbe succedere per le Regioni: si tagliano i trasferimenti dallo Stato alla periferia ma i cittadini potrebbero subire un aumento della tassazione a causa delle crescita delle imposte locali. Senza dimenticare che, con l’ipotizzata, futura Local Tax, la leva fiscale sugli immobili andrebbe completamente in mano ai Comuni. Che dire? Ok se la pressione complessiva diminuisse o rimanesse almeno uguale. Ma se invece aumentasse? E se, maliziosamente, fosse un sistema per scaricare le tasse sulla casa su comuni, al di fuori della negoziazione sui temi politici nazionali?
Continua a non andare bene. Lo Stato dovrebbe favorire lo sviluppo delle retribuzioni (da finanziare attraverso la produttività) in modo da rendere sostenibile il sistema previdenziale. E invece, tra Legge di Stabilità e Jobs Act, sembra perseguire l’obiettivo opposto: smantella il sistema contrattuale privato, blocca i rinnovi di quello pubblico, penalizza la previdenza complementare e privata portando la tassazione delle Casse dal 20% al 26% e quella sui fondi di previdenza complementare dall’11,50% al 20%.
Altro che solidarietà: tassare il risparmio dei professionisti e dei lavoratori non è affatto uguale a tassare le rendite finanziarie speculative. Qualcuno dimentica che, dal 2008 ad oggi (dati Cerved), sono fallite 13mila PMI, più di 5mila hanno avviato una procedura concorsuale non fallimentare, circa 23mila sono state liquidate volontariamente. Nel complesso un quinto del totale delle PMI italiane. Ma non basta: le imprese sopravvissute hanno perso circa 31 punti di MOL (Margine Operativo Lordo) e più che dimezzato la redditività (dal 13,9% al 5,6%).
Ecco perché il Governo deve fare chiarezza e di dire a tutti i cittadini cosa sta facendo realmente per rilanciare lo sviluppo di questo Paese. Altrimenti è meglio ridare la parola ai cittadini. Va bene il primato della politica ma la politica deve essere efficace perché competente. Se è inefficace o, peggio, incompetente, è meglio andare a votare.