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Allievi ufficiali, allievi ingegneri

In una società depravata come quella in cui viviamo mi ha molto colpito questa istantanea che si è appiccicata sui miei occhi l’altro giorno mentre pranzavo.
Al tavolo vicino si è accomodato un giovane allievo ingegnere. Non me ne vogliano i lettori. A differenza degli altri studenti universitari che, appunto sono studenti e basta, gli ingegneri sono allievi ingegneri perché come ebbe a spiegarmi un “nonno” in Collegio al primo anno – Noi siamo diversi. Quando iniziamo a studiare iniziamo a lavorare – .
L’allievo in questione, quello della foto, però, oltre ad aver deciso di offrire buona parte del suo tempo allo studio dell’ingegneria ha deciso al tempo stesso di offrire il suo tempo allo Stato, all’Esercito.
Il servizio militare è da tempo stato svilito dal derivare dello spirito del tempo, che ha liofilizzato qualunque forma di autorità attribuendole una natura preistorica in nome di buoni sentimenti e in virtù di un pragmatico proliferare dell’istituto dell’obiezione ci coscienza. E’ stato svilito anche dal pessimo impiego del tempo di quei giovani che per un anno non facevano altro che perdersi manco fossero in una colonia penale. Appartiene al passato.
Questo giovane, dunque, che probabilmente per assicurarsi vitto e alloggio lontano dalla sua casa natale, ha deciso di offrire il suo impegno e le conoscenze che acquisirà allo Stato e in particolare all’Esercito mi sembra compia un atto eroico. Un atto esemplare che evoca quell’unità, quella compattezza che una comunità dovrebbe avere. In particolare nello Stato, in quella sovrastruttura in cui si riconosce e a cui continua a credere. A cui demanda parte del governo della cosa pubblica. Un atto che appare polveroso, anacronistico. Frutto solo di un mero calcolo di contabilità domestica. E che invece, malgrado le tante delusioni che spesso le istituzioni ci danno, andrebbe preso ad esempio per ricompattare un corpo molle e sfilacciato, quello della comunità di italiani vinti prima ancora dai downgrade di S&P dal loro disunirsi. Dalla loro egoistica solitudine. Quella giacca lasciata sulla sedia merita rispetto e qualche riflessione.



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