Si era ritrovato in casa di lei. Lei non c’era. Se ne stava di fronte al guardaroba di lei, un labirinto di grucce con gli abiti che andavano su e giù come appesi a navicelle di montagne russe. Il profumo di lei, appena pronunciato, era ovunque lì in mezzo. Ogni volta che toccava un abito, si voltava di scatto come se fosse stato toccato da qualcuno. Da una di quelle tante lei. Una per ogni abito che aveva indossato.
Era un tempo senza ora. Buio. Filtrava poca luce. Bianca e fredda, dalle finestre. Uno spot di luce puntò, come a teatro per illuminare l’ingresso di un nuovo protagonista sulla scena, un giubbotto di pelle nera che aveva degli inserti di pelle chiara. Il respirare di lui era ora affannoso, angosciato, incerto. Convulso e irregolare. Insicuro, umido. Smuoveva l’aria intorno e faceva muovere gli epiteli di pelliccia del giubbotto dando una vita a quel capo che tante volte le aveva visto addosso. La vide. Riempì con la mente quel giubbotto di lei. Gonfiò le spalle. Strette, un po’ ossute. Vide poi venirgli incontro i seni che spingevano da dentro il giubbotto. Il respiro si faceva ora ancora più irregolare. E di rimando ondeggiavano gli inserti di pelliccia. In quell’ondeggiare lieve e leggero, c’era tutto il senso dell’estetica di lei. Bellezza in punta di piedi. Una appena pronunciata fragranza di profumo in un labirinto di solitudine.
Lei, bellezza in punta di piedi
Di