Grazie all’autorizzazione del gruppo Class e dell’autore, pubblichiamo il commento di Edoardo Narduzzi uscito sul quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi.
Se Vladimir Putin non avesse perso il primo biennio del suo mandato presidenziale rinviando le riforme che aveva promesso di fare in campagna elettorale, oggi il rublo non sarebbe costretto all’angolo dalla speculazione internazionale. Il Cremlino ha pensato di poter agire in un mercato globalizzato tenendo bloccati i meccanismi di governo dell’economia russa.
Putin ha rinviato le privatizzazioni, continuato a concentrare il controllo sugli asset energetici, creato le condizioni per avere solo soggetti russi nel mercato delle telecomunicazioni e così via. Produttività e competitività dell’economia russa sono rimaste al palo e con esse la capacità di produrre i giusti anticorpi per resistere a una tempesta finanziaria. Rimossa la coperta del prezzo del barile, la Russia ha scoperto di essere, in termini economici, molto più nuda e fragile di quanto non pensasse. Ha capito, senza fronzoli, che, senza la garanzia collaterale rappresentata dal prezzo del greggio e da quello implicito delle riserve petrolifere e di gas, gli investitori scappano a gambe levate dagli asset denominati in rubli.
La crisi della moneta russa è soprattutto uno schiaffo alla politica economica del Cremlino. La squadra di Putin non è eccelsa; non può contare sulla qualità del capitale umano che oggi i mercati finanziari pretendono in chi ricopre funzioni chiave nelle grandi economie. Piazzare fedelissimi nei posti nodali è umano in chi gestisce il potere, ma poi se o quando scoppia la crisi la modestia dei personaggi emerge senza alcun filtro. Non deve sorprendere, perciò, se la banca centrale russa è apparsa totalmente in balia dei mercati e senza alcuna capacità di comunicare una compiuta strategia di politica monetaria. Incapace perfino di organizzare delle ordinarie conferenze stampa dove offrire, nell’interesse del rublo, il massimo dell’informazione agli investitori. Perfino la decisione di alzare dal 10,5 al 17% il tasso di sconto nella notte tra lunedì e martedì è stata spiegata con uno stringato comunicato stampa.
Gli analisti hanno interpretato questa condotta come una carenza di strategia e il cambio del rublo è andato a picco del 20% in un solo giorno contro il dollaro, nonostante la mossa disperata sui tassi della banca centrale. Putin pensava che il disporre di una potenza nucleare fosse sufficiente per giocare muscolarmente in termini politici. Aveva ampiamente sottovalutato il ruolo giocato dalla finanza nella partita. I derivati e le posizioni lunghe o corte sono oggi importanti quanto le testate o i sommergibili nucleari. E dalla crisi il sistema finanziario russo esce a pezzi, perchè senza vere personalità o istituzioni in grado di giocare per davvero sul tavolo della globalizzazione. Ora o Putin fa davvero le riforme e modernizza l’economia russa oppure per la classe media del suo paese si preparano tempi non facili.