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Lending Club, tutte le curiosità sulla società dei prestiti P2P che si quota a Wall Street

Si quota in Borsa giovedì Lending Club, la società americana dei prestiti peer-to-peer, una piattaforma online che connette chi offre denaro con chi ha bisogno di un prestito. Il roadshow per gli investitori è stato un successo oltre ogni aspettativa e il prezzo delle azioni è stato ritoccato lunedì verso l’alto, portando a quasi 5 miliardi di dollari il valore complessivo dell’azienda.

LA QUOTAZIONE ORA VALE DI PIU’

Lending Club ha infatti aumentato di due dollari la forchetta per il prezzo delle azioni che metterà sul mercato, ora sistemate in un range tra i 12 e i 14 dollari. Questo implica anche una valutazione più alta dell’azienda, circa 4,69 miliardi di dollari, rispetto a quanto indicato nell’ultimo round di investimenti privati, effettuato ad aprile, quando gli investitori valutavano Lending Club intorno ai 3,8 miliardi.

Lending Club ha in progetto di offrire 57,7 milioni di azioni, 7,7 milioni delle quali verranno da alcuni azionisti attuali che venderanno le loro quote, tra cui Canaan VII, KPCB Holdings e Union Square Ventures Opportunity Fund, mentre un altro dei principali shareholder, Norwest Venture Partners, non venderà azioni ma la sua quota sarà diluita al 14% dall’attuale 16,3%. Nell’ultimo round di finanziamenti, ad aprile, al gruppo degli investitori di Lending Club si sono uniti T Rowe Price, Wellington e BlackRock.

Dalla sua fondazione nel 2006 Lending Club ha ricevuto 225 milioni di dollari di finanziamenti.

CHI E’ LENDING CLUB

Lending Club è il più grande erogatore di prestiti peer-to-peer (P2P) del mondo; ha originato prestiti per un valore complessivo superiore a 4 miliardi di dollari, quattro volte più del suo rivale più vicino, Prosper, che è valutata 650 milioni di dollari.

Con la crescita del business, il fondatore e chief executive Renaud Laplanche (ex campione di vela diventato avvocato e poi imprenditore) ha attratto personaggi di alto profilo come John Mack, ex chief executive di Morgan Stanley, e Lawrence Summers, ex segretario del Tesoro Usa, che oggi sono membri del cda e investitori.

Lending Club usa una tecnologia basata su Internet per connettere chi presta denaro con chi lo prende in prestito e trattiene una quota da entrambe le parti della transazione. Lending Club esclude così dal processo le banche e riesce a erogare prestiti a tassi inferiori per chi prende il denaro in prestito ma al tempo stesso genera ritorni più alti per chi lo presta e chi investe nella società.

La proposta di Lending Club ha attecchito subito negli Stati Uniti: la crisi finanziaria del 2008 ha minato la fiducia nelle banche e spinto a cercare fonti alternative di finanziamento, mentre i tassi di interesse ai minimi storici hanno incoraggiato gli investitori a comprare i prestiti con alto rendimento originati dalla piattaforma online. I prestiti classificati come “extra sicuri” da Lending Club (che ha un suo sistema di rating) danno oggi un ritorno del 7,6% contro lo 0,65% di un investimento di due anni in buoni del Tesoro americano.

Lending Club ha attratto grande interesse anche da parte di compratori istituzionali come hedge fund e gestori di asset e oggi, secondo stime pubblicate dal Financial Times, quasi il 70% di tutti i prestiti di Lending Club sono comprati da grandi investitori – tanto  che l’azienda ha cercato di proporsi ultimamente come un “marketplace lending” più che come un “peer-to-peer”. Inoltre negli ultimi mesi Lending Club ha allargato la sua offerta verso nuovi tipi di prestito, come quelli alle piccole imprese. Ha anche completato, ad aprile, la sua prima acquisizione di una società della finanza tradizionale pagando 140 milioni di dollari per Springstone, che offre finanziamenti nel mondo offline per interventi medici e iscrizioni alle scuole private.

IL ROADSHOW E LE REAZIONI DEL MERCATO

Il roadshow per gli investitori in vista della quotazione di Lending Club è partito il 1 dicembre e in poche ore la società ha attratto tutti gli investitori di cui aveva bisogno. Il mercato non è però unanime nel credere nelle prospettive del prestito peer-to-peer. Sebbene gli investitori siano convinti delle potenzialità della tecnologia nel rendere più efficiente il mercato dei prestiti, alcuni dei player consolidati del mercato si chiedono se questa industria, spinta a crescere a ritmi costanti, non rischi di finire in un disastro simile alla bolla dei mutui subprime che hanno giocato un ruolo chiave nella crisi finanziaria. “E’ la solita storia”, afferma Etienne Boillot, investitore di Shepherd Capital. “E’ un po’ pericoloso, bisogna andarci cauti”.

L’Ipo di Lending Club è molto attesa come momento di legittimazione (quasi di “coming out”) per l’intera industria del P2P, come ha riconosciuto anche Aaron Vermut, chief executive di Prosper, ma alcuni mettono in dubbio l’innovazione del business di Lending Club, il cui modello non sarebbe veramente molto diverso da quello dei prestiti tradizionali che hanno gettato i mercati nel caos durante la crisi. L’efficienza attuale dell’azienda, dicono i critici, si deve al semplice fatto che non è una banca e non si assume alcun rischio sui prestiti che aiuta a originare.

“Non è un vero peer-to-peer”, dichiara Max Gasner, chief executive di One Financial, start-up dei servizi finanziari retail. “Usa la sua libertà di movimento come non-banca per generare prodotti ad alto rendimento per player istituzionali”.

D’altro canto, gli investitori di Lending Club lodano la trasparenza del suo modello e dicono che differisce nettamente dal modo di generare prestiti che ha portato alla crisi dei subprime in cui non veniva chiesta sufficiente documentazione da parte delle banche prima di erogare i prestiti. Infatti, gli investitori  di Lending Club possono attingere a un ricco bacino di informazioni pubblicamente disponibili sulle persone (o imprese) che prendono in prestito il denaro. “Puoi analizzare i prestiti e selezionare quelli che ritieni migliori. La tecnologia e i big data lo permettono”, dice Joshua Rand di Petra Partners. Tuttavia, si tratta di dati auto-certificati, non verificati dall’azienda.

PRO E CONTRO DELL’IPO

Alcuni analisti si chiedono anche quale potrà essere la sostenibilità del business di Lending Club dopo la quotazione, cioè se potrà garantire performance soddisfacenti per i suoi azionisti trimestre dopo trimestre. Inoltre, il focus di Wall Street sui guadagni trimestrali accorcia necessariamente la visione al breve termine, minando le strategie di lungo periodo.

Matt Burton, fondatore di Orchard, mercato di scambio secondario per prestiti P2P, dice infatti che “il grande punto interrogativo” per Lending Club, ora che si quota, è se sarà in grado di soddisfare le attese di Wall Street “su base trimestrale”. Alcuni investitori del P2P temono che l’azienda possa essere tentata a cercare delle scorciatoie sottoscrivendo o estendendo crediti verso contraenti che offrono scarse garanzie per poter soddisfare tali aspettative.

Un investitore P2P afferma: “Al momento non mi sembra ci sia nulla di preoccupante nel meccanismo di Lending Club, ma è sicuro che staccheremo la spina non appena vedremo insorgere problemi”.

D’altro canto sono proprio società come Orchard che hanno da guadagnare dall’espansione di Lending Club. La mission dell’azienda è infatti non solo di essere il maggior player sull’enorme mercato dei prestiti, ma di diventare una piattaforma digitale col valore potenziale di quelle costruite nei loro settori da aziende come Apple o Google, tale da spingere sviluppatori esterni a fare a gara per costruire servizi che girino su questa piattaforma. Non a caso il prospetto per l’Ipo che Lending Club ha presentato all’autorità di Borsa contiene la parola “piattaforma” 93 volte. “Questo è il modo più efficiente di stimolare l’innovazione a tutto beneficio dei nostri clienti”, ha detto il ceo Laplanche. Esiste già un ecosistema di start-up (come appunto Orchard) che sviluppa software per prodotti aggiuntivi su Lending Club e che spera in un allargamento del suo business.

Il ceo Laplanche ha anche indicato a inizio anno che la quotazione è pensata non tanto per raccogliere fondi quanto per promuovere il brand, quasi un’operazione di marketing. E sicuramente la quotazione permetterà a Lending Club di farsi conoscere e aprirsi a investitori di tutti gli Stati Uniti e di rafforzare il marchio e l’intera industria del prestito P2P. Al tempo stesso, già da qualche mese gli osservatori lamentano una minore trasparenza nelle descrizioni dei prestiti e minori possibilità per chi presta denaro di fare domande a chi assume il prestito.

Ma secondo il Financial Times, il maggior pericolo per il futuro di Lending Club è il suo stesso rapido successo, che ha favorito la nascita di oltre una decina di società simili che sono entrate nel settore dei prestiti P2P con piattaforme rivali; questo aumenta la concorrenza in un settore già molto competitivo e potrebbe alla lunga minare il business e la leadership di Lending Club.

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