Corriere della Sera e Repubblica all’unisono nel bacchettare Sergio Marchionne e John Elkann sulla Ferrari.
Tutto nasce dal progetto di Ferrari che potrebbe spostare sede legale e domicilio fiscale, secondo l’agenzia Bloomberg, come ha già fatto la sua controllante Fiat Chrysler Automobiles (Fca).
Quale sarebbe l’effetto della decisione? Fca aumenterebbe i diritti di voto, quindi il controllo, e Ferrari godrebbe del paradiso fiscale che la Ue lascia fiorire a Londra, sottolinea il Corriere della Sera. “Le auto, è vero, saranno sempre prodotte a Maranello – commenta sul quotidiano rizzoliano l’economista Salvatore Bragantini – ma dopo i fuochi d’artificio dello scorporo – un capolavoro tecnico che forse agevola i soci, però appare nocivo per il gruppo Fca – arriva un altro duro colpo per l’immagine del Paese”.
Le stilettate dell’economista, ed ex commissario Consob, sono indirizzate in particolare al capo azienda del Lingotto: “Chissà cosa pensa la buonanima di Enzo Ferrari delle parole di Sergio Marchionne, per cui Ferrari fa, più che macchine sportive, beni di lusso. Egli ha sì salvato Fiat con l’operazione Chrysler, ma non s’è ancora vista, in tanti anni, una «sua» macchina nuova”.
La malizia che Bragantini riversa su Marchionne non finisce qui. Ecco cosa aggiunge l’economista che già nelle scorse settimane si era distinto per un commento urticante nei confronti delle mosse marchionnesche sulla Casa di Maranello: “Nessuna grande impresa francese o tedesca medita di andarsene, e Obama, dopo aver marchiato come «disertori societari» quanti lo progettano, ha attuato misure per costringere chi progetta la tax inversion a ripensarci. L’Italia non ha la forza di farlo, pensano in Fiat Chrysler, e avran fatto bene i conti”.
Pure il quotidiano Repubblica, comunque, intinge le penne nel curaro e affida a Paolo Griseri un corsivetto che coinvolge tutta la famiglia Agnelli, non solo Marchionne: “È del tutto evidente la logica finanziaria del ventilato trasferimento all’estero della sede fiscale di Ferrari. È ciò che hanno fatto gli Agnelli con Cnh prima e Fca poi. Ma davvero Ferrari, il simbolo del made in Italy nel mondo, può essere trattata come una multinazionale globale che ha per patria il mondo intero? Davvero può accadere che del made in Italy resti in Italia solo il lavoro mentre i proventi finiscono all’erario della regina Elisabetta? Davvero il governo non ha nulla da dire di fronte a questo trasloco fiscale annunciato? La strategia che si delinea è chiara: l’Italia serve perché fa brand e produrre una Ferrari o una Maserati nello stato del Michigan non sarebbe la stessa cosa. Così nella Penisola conviene mantenere gli stabilimenti e un presidio nell’editoria in grado di influenzare l’opinione pubblica. Ma non pagare le tasse. Quelle è molto meglio esportarle altrove”.