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Perché non ci sarà alcun contagio greco per l’Italia

L’esito delle votazioni per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica si è rivelato inconcludente e, dopo due consultazioni andate vane, anche il terzo scrutinio, che vedeva un abbassamento del quorum per l’elezione, ha raccolto solo 168 preferenze a fronte delle 180 necessarie. Il Parlamento ellenico, quindi, in linea con quanto previsto dalla Costituzione, si è sciolto con effetto immediato e il Governo ha annunciato un turno di elezioni politiche anticipate che probabilmente si terranno il 25 gennaio. A nulla sono valse dunque le aperture del premier Samaras, che aveva promesso l’ingresso nella coalizione di governo ai parlamentari indipendentisti che avessero votato a favore del candidato indicato, e aveva anche prospettato la possibilità di anticipare quello che sarebbe stato il successivo turno elettorale da metà del 2016 a fine del 2015.

La fumata nera del Parlamento apre quindi la strada a molteplici possibili scenari per le prospettive politiche in Grecia, tutti caratterizzati da un elevato grado di incertezza. Gli ultimi mesi, infatti, hanno visto i sondaggi indicare come favorito il partito della sinistra radicale Syriza, espressione di un movimento anti-europeista che ha promosso una campagna apertamente contraria alle misure di austerità imposte dal Governo. Il vantaggio di Syriza in vista del turno elettorale di gennaio non appare però tale da garantire al partito la certezza di riuscire a governare da solo il paese: il margine di voti rispetto a Nuova Democrazia (partito fino ad oggi a guida dell’esecutivo) è infatti passato dai 6-8 punti percentuali di inizio novembre al 3-4% degli ultimi sondaggi condotti in dicembre. Se quindi si prendono in considerazione il margine piuttosto modesto, la soglia elettorale minima del 3% imposta ai partiti per l’ingresso in Parlamento e il premio di maggioranza piuttosto modesto (solo 50 seggi del Parlamento sono riconosciuti al primo partito), è probabile che a seguito delle votazioni di gennaio si generi ancora uno scenario in cui solo una coalizione di più forze politiche possa riuscire a formare un governo. Rimane dunque estremamente incerto il quadro di riferimento, tanto che al momento non è possibile escludere che il primo turno elettorale si riveli inconcludente e si riproponga uno scenario analogo a quello già visto nel 2012, quando fu necessaria una seconda consultazione elettorale per poter formare la squadra dell’esecutivo.

Pur a fronte di un elevato rischio politico, la situazione attuale rispetto a quella di due anni fa appare meno drammatica per via di diversi fattori, primo fra tutti il contenuto dell’agenda politica di Syriza. Nonostante i toni apertamente anti-europeisti e le minacce proferite nel corso della campagna elettorale, diversi membri del partito della sinistra radicale sono intervenuti nel corso delle ultime settimane a chiarire che, pur desiderando sovvertire le misure di austerità imposte dalla Troika (BCE, Unione Europea e FMI), non intendono mettere in dubbio la partecipazione della Grecia all’euro. Il leader di Syriza, Tsipras, ha chiarito come sia nelle intenzioni del partito chiedere nuove forme di ristrutturazione del debito greco detenuto dalle autorità del settore pubblico ma che, in nessun caso, il Governo adotterà misure unilaterali in tal senso. Eventuali nuovi interventi di ristrutturazione, qualora attuati, sarebbero probabilmente diretti al pagamento degli interessi e dovrebbero interessare solo il debito nelle mani del settore pubblico, dal momento che i titoli già ristrutturati e ancora detenuti dai privati rappresentano una quota solo marginale del totale. A fronte di un debito complessivo di circa 330 miliardi di euro, la percentuale dei titoli di stato greci scambiati sui mercati secondari è pari al 15% del totale; di questa quota il 4% del totale sono passività a breve termine (con una vita residua inferiore ai 18 mesi).

In secondo luogo, da un punto di vista strettamente economico e finanziario, l’economia greca si trova in una posizione decisamente più sostenibile rispetto al 2012: molte misure di intervento e alcune riforme strutturali sono state già adottate per il risanamento dell’economia, con i conti pubblici che sono tornati a registrare un avanzo primario e le banche elleniche che sono uscite da un complesso e oneroso processo di ristrutturazione. Da ultimo, nei due anni intercorsi dalla precedente crisi si è potenziata la rete di salvataggio approntata dalle Autorità europee: la disponibilità di linee precauzionali di credito e l’esistenza del programma di intervento OMT forniscono alla BCE e all’Unione Monetaria nuovi strumenti per poter intervenire a gestire la crisi greca, qualora si rendesse necessario. Infine, se si guarda al profilo delle scadenze per il debito greco, le prime criticità potrebbero emergere a fine febbraio, quando scadrà il termine della proroga di due mesi concessa sulla data di erogazione dell’ultima tranche del piano di aiuti, del valore di 7,5 miliardi di euro. Se questo pagamento dovesse saltare e la Grecia non dovesse aprile una linea di credito precauzionale in tempo per gestire l’uscita dal programma di aiuti, allora il Governo potrebbe sperimentare forti tensioni in termini di liquidità e solvenza nel far fronte alle spese correnti e ai rimborsi dovuti a FMI e Autorità europee.

Appare dunque decisamente incerto lo scenario politico in Grecia, anche se, nel confronto rispetto a quanto avvenuto nel 2012, ci sembra meno significativa la probabilità di vedere un contagio agli altri mercati finanziari europei, in particolar modo quelli periferici. Non solo l’economia greca si trova in una posizione fiscalmente e finanziariamente più solida, ma anche nel caso le tensioni politiche non si dovessero risolvere in tempi brevi, sono molteplici gli strumenti di intervento a disposizione per arginare gli effetti della crisi greca sui mercati.

Probabile dunque che nel corso dei prossimi mesi si assista a un aumento della volatilità sui mercati che non dovrebbe però condizionare il trend di fondo dei prezzi azionari e obbligazionari, che si muovono in linea con le attese di nuovi interventi espansivi da parte della
BCE.


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