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Il dilemma dei cattolici italiani

Sabato 19 Dicembre sono in programma due incontri a Roma che esprimono due diverse, anche se non contrapposte modalità, con cui esponenti dell’area cattolica e popolare cercano di trovare una soluzione al tema della ripresa di iniziativa politica in un momento difficile dell’Italia.

I Popolari per l’Italia, il movimento guidato da Mario Mauro con la partecipazione di alcuni associazioni che hanno sottoscritto il 3 novembre il documento per la Costituente dei Popolari italiani, si incontrano per definire un progetto organizzativo attraverso cui far nascere in tutte le realtà regionali le costituenti dei Popolari.

In contemporanea, Carta Intesa che riunisce un gruppo di associazioni, circoli, istituti di ispirazione cristiana  vogliono “mettersi in movimento”, consapevoli della necessità di “ripensare la presenza dei cristiani nella società e nella politica”. Obiettivo: creare strumenti, modalità, idee per superare le divisioni attuali, la crisi di rappresentanza e colmare la distanza tra istituzioni e cittadini.

Nel grande fiume carsico del cattolicesimo politico italiano finalmente s’intravedono segnali tendenti a ricomporre la vasta area della galassia di ispirazione popolare e a superare la diaspora del lungo ventennio della seconda repubblica.

Ispirati dalle ultime encicliche sociali di papa Benedetto XVI ( Caritas in veritate) e di Papa Francesco (Evangelii Gaudium), comune è la volontà di impegnarsi a tradurre nella città dell’uomo gli orientamenti pastorali da esse  indicati.

Assai confusa, tuttavia,è ancora la situazione esistente, non solo e non tanto nella diversa distribuzione delle presenze cattoliche nei vecchi partiti ormai esausti, espressione  di una realtà politica in via di convulsa trasformazione, ma anche nello stesso retroterra cattolico, tanto sul versante del variegato e complesso associazionismo cattolico che su quello della gerarchia ecclesiastica.

Non facilita il discernimento, l’ultimo editoriale della Civiltà cattolica di Padre Occhetta impegnato a misurare il grado di cattolicesimo presente nell’azione politica di Matteo Renzi, in quanto, lungi dal formulare un giudizio definitivo, conclude in termini dubitativi così espressi: “Il baricentro a cui punta Renzi è strettamente intrecciato con la radice cattolica; è dunque una ‘radice che nutre’ e non una presenza organizzata che ispira un’azione del mondo cattolico, nonostante permanga un legame profondo della società con la cultura e la tradizione cattolica. Può bastare?”,

Personalmente considero il governo Renzi, non solo frutto di una situazione di emergenza post elettorale resa ancor più grave da quel patto scellerato concluso al Nazareno con il Cavaliere, il cui combinato disposto della riforma del Senato e del voto elettorale/legge super truffa ci porterebbe a una situazione del tutto incompatibile con la democrazia, ma anche l’espressione di una situazione di assoluta illegittimità, che andava e andrebbe al più presto sanata da un voto anticipato e concomitante elezione di un’assemblea costituente per la riforma del nostro sistema costituzionale.

E’ assai incoraggiante che nel clima di tardo impero in cui è precipitata la situazione del Paese, dove l’ultimo scandalo della mafia nella capitale è il segnale del punto morto inferiore in cui è caduta la Repubblica,e nel silenzio assordante di quasi tutte le altre culture politiche,si apra nel mondo cattolico una seria riflessione sul che fare. Una riflessione che, partendo dai fondamentali della dottrina sociale della Chiesa, riconduca la politica ai valori fondanti dell’etica nella società della globalizzazione.

Nel mondo cattolico sembrano confrontarsi due posizioni:

1)     c’é chi ritiene che, avvenuta la probabile scissione a sinistra del PD, il partito di Renzi possa assumere la fisionomia di un partito della nazione simile a ciò che fu la DC. E’ in fondo l’illusionedi quanti nell’NCD e nell’UDC puntano a trasferire meccanicamente l’alleanza di governo nelle liste delle  prossime elezioni regionali. Tale opzione, tuttavia,  dettata soprattutto da opportunismo e mera necessità di sopravvivenza, non tiene conto della circostanza che Renzi col PD una scelta l’ha già fatta, ossia quella di aderire al PSE.

2)     c’é chi ritiene, invece, e personalmente sono tra questi, che serva ricostruire una forte unità dei popolari per procedere con esponenti di altre culture alla formazione del nuovo soggetto politico di cui sopra.

Trattasi di una dicotomia ben presente, ad esempio,nei comportamenti diversi e alternativi anche solo recentemente sperimentati a livello dei responsabili delle gerarchie nel Veneto.Se Sabato 22 Novembre siamo stati ospitati come costituente civica e dei Popolari veneti nel seminario vescovile di quella città, qualche giorno dopo a Venezia, veniva annunciato dal PD veneziano un convegno di quel partito con la partecipazione ufficiale del vicario episcopale del Patriarcato di Venezia. Una partecipazione venuta meno, dopo che una forte presa di posizione dei Popolari veneziani, ha indotto Don Pistolato alla rinuncia.

Si gioca tra queste due scelte ciò che accadrà tra i cattolici italiani.

Da parte nostra continuiamo a ritenere che ci siano due estremi opposti da evitare: l’appartenenza obbligata in un solo partito come si trattasse di un dogma di fede, impossibile dopo il Concilio Vaticano II  e la diaspora, ossia l’altrettanto dogmatica tesi della negatività di qualsiasi forma di unità e raccordo politico dei cattolici. Il criterio più convincente potrebbe/dovrebbe essere quello dell’”unità possibile”. Il che significa che: l’unità è fattibile e che la si attuerà secondo il responsabile giudizio prudenziale relativo ai tempi, alle situazioni e alle scelte in gioco.Si tratta di adoperare, come altre volte ricordato,citando Mons. Crepaldi, arcivescovo di Trieste, il motto:  “ In essentialibusunitas, in dubiislibertas, in omnibus caritas”. Ossia sulle questioni fondamentali ci vuole unità, in quelle dubbie è lecito adoperare il libero giudizio personale, in tutto ci vuole la carità.

Credo che, alla fine, una ricomposizione dell’area popolare aperta alla collaborazione con altre componenti di ispirazione liberale e riformista, alternativa al trasformismo di un renzismo filosocialista europeo si imporrà per garantire al Paese una dialettica democratica coerente con la nostra migliore tradizione.

Ettore Bonalberti-Presidente ALEF (Associazione Liberi e Forti)

www.insiemeweb.net

www.don-chisciotte.net

 

 

 



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