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Il Mamiani contesta Faraone con una “settimana didattica alternativa”

Fine dicembre 2014: il periodo “caldo” delle occupazioni scolastiche sta gradualmente raffreddandosi. Ma questo non è stato un anno come gli altri per il Mamiani che stavolta non ha messo catenacci ai cancelli e ha tenuto aperte le aule. Con i suoi 129 anni di vita, lo storico liceo romano è da sempre uno dei centri nevralgici della protesta studentesca ed il primo ad aver inaugurato la stagione delle occupazioni (marzo 1968), per opporsi all’idea dell’allora preside Raffaele Tullio di fare del Mamiani “la Eton College d’Italia”.

In controtendenza con quanto verificatosi nella maggior parte degli atenei e contravvenendo alla tradizione stessa del Mamiani, «quest’anno i ragazzi hanno deciso di indire una “settimana didattica alternativa”» ci spiega l’attuale dirigente dell’istituto, la professoressa Tiziana Sallusti.

Una settimana di autogestione di cui il collegio docenti non ha condiviso tempistica e modalità utilizzate ma per la quale ha comunque espresso a maggioranza parere favorevole. Dal 16 al 22 dicembre «gli studenti hanno organizzato e seguito seminari, conferenze e dibattiti incentrati sulle tematiche della buona scuola, della riforma della Scuola italiana proposta dall’attuale governo, sui problemi legati Jobs Act, sui diritti umani nelle carceri, sulla questione medio-orientale, sull’antifascismo e le mafie» racconta la Sallusti. Ma a questi appuntamenti si sono alternate attività legate allo sport, alla fotografia e al teatro. All’interno dell’iniziativa sono state svolte attività di raccolta giocattoli ed abiti usati per associazioni di volontariato, «il tutto – spiega – coinvolgendo ex studenti del Mamiani che hanno partecipato attivamente a questa settimana didattica alternativa».

Nessuna volontà di occupare, dunque. «Si tratta di un motivo di novità rispetto a quanto è avvenuto nei decenni passati – spiega la preside –, poiché molto spesso il liceo è stato oggetto di situazioni che hanno oltrepassato la soglia della legalità. E rispetto anche a quanto verificatosi lo scorso anno, quando gli studenti ci hanno impedito per una settimana intera di varcare la soglia dell’istituto e, non avendo ricevuto un particolare appoggio da parte dei genitori, abbiamo dovuto chiamare le forze dell’ordine per controllare, soprattutto di notte, che non succedesse nulla di grave alla cinquantina di occupanti che presidiavano l’istituto».

Questo abbassamento dei toni è probabilmente legato alla reazione che gli studenti hanno avuto alle parole espresse dal sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone, sul tema delle occupazioni. «I ragazzi non si sono sentiti spalleggiati ma presi in giro dal discorso di Faraone. Questo perché hanno rintracciato una grande dicotomia tra il pensiero di noi dirigenti e quello di un personaggio delle istituzioni», spiega la Sallusti. «Confrontandoci con loro sulla questione, ci hanno confessato che l’“opporsi” è dato dal fatto che loro sanno di dover rivestire i panni “di ragazzi” e noi dirigenti quello di voce autorevole di ciò che è giusto fare». Ed è proprio per questo che il discorso di Faraone li ha frastornati. «È stata una grande sorpresa per noi, sentirli esprimere così» dice soddisfatta la Sallusti.

Come era ovvio, anche dirigenti scolastici e docenti sono rimasti allibiti dalle parole del sottosegretario. «In quel momento di estrema difficoltà, siamo andati su tutte le furie – racconta la preside -. Al che, ascoltati docenti e comitato dei genitori, abbiamo deciso unitamente di firmare la lettera sottoscritta dagli altri 13 licei della Capitale per esprimere la nostra indignazione e l’abbiamo inviata a tutte le istituzioni, compreso il premier Matteo Renzi». Al momento però, spiega la Sallusti, «non c’è stata alcuna ritrattazione rispetto alle dichiarazioni di Faraone, che anzi ha rincarato la dose con altre dichiarazioni a favore delle occupazioni». «Non ci è stata fornita alcuna spiegazione, né risposta».

«Personalmente – continua – non ho intenzione di perdere ancora tempo e andare oltre la lettera. Ci siamo resi conto di non avere degli interlocutori con cui affrontare il problema perciò è inutile insistere. Io andrò avanti con il mio lavoro assieme ai docenti, continuando a insegnare ai nostri ragazzi il rispetto della legalità».

Un’esperienza significativa e altamente simbolica, quella che sta vivendo il Mamiani, che fa riflettere come si stia trasformando e distorcendo la percezione del valore della legalità. E forse lo racconta meglio di qualsiasi altra storia di occupazione.

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