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Lo sapete che le province non sono state rottamate?

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’articolo di Giorgio Ponziano apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.

Caro Matteo, così non va. A dirglielo è un suo supporter di peso, lontano anni luce dei civatiani e dai cuperliani. Per il segretario-presidente del consiglio si apre un nuovo fronte, dopo il Jobs Act, quello degli amministratori locali alle prese con le nuove Province e le aree metropolitane.

Un pasticcio. Il fuoco amico arriva dal sindaco di Torino, Piero Fassino, che è anche presidente dell’Anci, cioè dei sindaci d’Italia. Il suo è quindi un parere che conta e che potrebbe fare non pochi danni a Renzi, uscito in modo non brillante dalle recenti elezioni regionali per via di un astensionismo che, in buona parte, è un messaggio a lui indirizzato.

Fassino non ci sta a essere travolto dalle sabbie mobili di una riforma istituzionale, quella appunto della pseudo-cancellazione delle Province, che sembra non avere né capo né coda e che neppure Graziano Delrio, il suo autore, riesce a traghettare. Parole dure, quelle di Fassino, uno schiaffo a Renzi e a Delrio: «Abbiamo sbagliato a convincere e a convincerci che le Province non servivano. I nuovi enti di secondo livello che ne prenderanno il posto rischiano di nascere monchi, poiché c’è confusione sulle competenze, sulle risorse, sui debiti. Se il governo non cambierà il contenuto della legge di stabilità non ci saranno i soldi per gestire la Città metropolitana».

Un’analisi impietosa su quella che è una delle poche realizzazioni (finora) di questo governo. Il sindaco di Torino, renziano, aggiunge le prove a quanto asserito: «in Piemonte ci sono quattro Province sulla soglia del dissesto e le altre sono fuori dal patto di stabilità. Dal punto di vista delle risorse emerge una completa insostenibilità del quadro, per esempio al taglio di un miliardo già annunciato, si sommerà la penale per lo sforamento del patto di stabilità da parte della Provincia di Torino, penale che ricadrà tutta sul nuovo ente».

Senza soldi. E allora si finirà per mettere le mani nelle tasche dei contribuenti: ma l’abolizione delle Province non doveva permettere un cospicuo risparmio della spesa pubblica? «Le risorse – dice Fassino – su cui conterà il nuovo ente dovranno essere proprie e quindi non sottratte ai Comuni e l’apparato amministrativo sarà quello ereditato dalla Provincia». Che ci sia maretta in vista del primo gennaio quando, secondo la legge, tutti i nuovi enti dovranno entrare in funzione lo conferma Antonio Gabellone, presidente uscente confermato alla guida della Provincia di Lecce, che ha addirittura inviato due lettere di diffida, a Renzi e al presidente della sua Regione, Nichi Vendola: «Vendola ci dica subito quali funzioni dovrà gestire la Provincia e quanti soldi avrà a disposizione, altrimenti dovrà rimborsarci ogni singolo euro speso in cultura, turismo, trasporti scolastici e assistenza sociale».

Continua Gabellone: «La legge ha definito le funzioni fondamentali esercitate dalle Province: ambiente, trasporti, scuole, strade e pari opportunità. Ma è tutt’ora aperta la questione delle ulteriori funzioni, attualmente svolte dall’ente, che dovranno essere attribuite dallo Stato e dalle Regioni secondo le rispettive competenze. Nell’immediato, e sino alla definizione della ridistribuzione delle funzioni eccedenti quelle fondamentali, tutti gli oneri sopportati da questo ente noi li addebiteremo alla Regione, con tanto di rendicontazione che costituirà titolo per la riscossione, fosse anche coattiva». Gli dà ragione il vice presidente vicario alla Regione Puglia, Erio Congedo: «I rischi sono molto concreti perché si è proceduto improvvidamente a sottrarre alla Provincia compiti fondamentali senza assegnarli contestualmente a qualcun altro. E, come se non bastasse, togliendo risorse vitali per svolgere quelle residue».

Ma la contestazione arriva anche dal ripescato sindaco di Napoli, Luigi de Magistris («far partire la Città metropolitana senza risorse è un atto irresponsabile») e dal presidente della Provincia di Chieti, Mario Pupillo («se continuiamo così andremo tutti in dissesto. Ora il nostro obiettivo è quello di ottenere una proroga altrimenti le nuove Province rischiano il default»).

Del resto tutti i presidenti dei neo-enti si sono riuniti a Roma e hanno inviato una sorta di ultimatum a Renzi: «Se il governo non riterrà di rivedere l’attuale impostazione, non ci possiamo assumere alcuna responsabilità per le gravi conseguenze che deriveranno alle comunità amministrate. Si va verso la chiusura di servizi essenziali, non si potrà assicurare il riscaldamento nelle scuole, lo sgombero della neve, la messa in sicurezza delle strade, la tutela del territorio e dell’ambiente».

Il rischio è una partenza (ormai ravvicinata) assai disastrata: 20 mila dipendenti dovrebbero essere trasferiti (non si sa ancora dove), 28 mila invece rimarranno nei loro uffici, e sarà lo zoccolo duro dei nuovi organismi, per i quali la volontà dei politici locali (complice l’indeterminatezza del centro) sembra spesso quella di ricostruire lacci e lacciuoli, una brutta copia, quanto a burocrazia e costi, delle vecchie Province. Un esempio? La Commissione statuto dell’area metropolitana di Roma ha approvato e inviato ai 120 sindaci dei Comuni che la compongono una bozza di statuto in cui si prevede, tra l’altro: «La Città metropolitana può istituire agenzie per lo svolgimento di compiti specifici, tali agenzie sono unità amministrative caratterizzate dall’assegnazione di risorse organizzative ed economiche con direzione e responsabilità autonome entro gli indirizzi definiti dal consiglio, a ogni singola agenzia è preposto un dirigente».

Secondo i calcoli di Facile.it (comparatore di tariffe), nel 2014 gli italiani verseranno 3,8 miliardi di euro di tasse attraverso il pagamento delle polizze Rca. Di questi, il 60% sarà destinato a rimpinguare le casse di Province e Città metropolitane. Su ogni polizza corrisposta alle compagnie per assicurare un veicolo, il peso delle imposte arriva a gravare fino al 26,5%. Di questo, il 10,5% è destinato al Servizio sanitario nazionale, che così quest’anno riceverà un gettito pari a poco più di 1,5 miliardi di euro, il restante 16% viene assorbito dai nuovi enti, che incasseranno 2,3 miliardi per il 2014. Ma non dovevano scomparire?


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