Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Le parole che spaventano possono essere tante. Quelle che, personalmente, più mi preoccupano sono quelle pronunciate senza attenzione o con una malcelata volontà manipolatoria.
Partiamo dunque da qualcosa di scritto e di incontrovertibile, ovvero l’articolo 29 della costituzione:
“La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”.
Il post in questione sottolinea l’importanza del matrimonio come garanzia dell’unità familiare, a patto che sia basato sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi. E non sancisce, come scrive Esposito, “che il matrimonio è tra uomo e donna e i figli frutto proprio di quella unione e non una mera fantasia o prodotto di un acquisto”.
Da tempo nuove famiglie si sono formate nella nostra società. I loro compiti sono i più naturali: sostenersi a vicenda e prendersi cura della crescita dei figli. A questa nuove famiglie, anche in virtù della nostra Costituzione, dobbiamo garantire dignità, tutele e uguali diritti. L’occasione per fare ciò sarà la primavera del 2015 quando si aprirà la stagione dei diritti.
Fin da subito, però, mi auguro di non dover sentire mai più la parola “matrimonio gay” abbinata a “compravendita di bambini” o il concetto di “educazione sessuale” legata a “poliamore” e “gangbang”. Queste sì, visioni e parole che spaventano.