Draghi non spiega bene cosa trattenga la sua mano, e getta un osso ai falchi, e i mercati non gradiscono.
Draghi non è parso a suo agio. Ha evidentemente dovuto cedere un po’ di terreno alla frangia conservatrice del Council, e lo ha fatto chiarendo che “early” non vuol dire al prossimo meeting, e che la size di bilancio recentemente ufficializzata è un intento e non un target. Nella sostanza, sofismi.
Ma non è riuscito a spiegare bene perché l’urgenza espressa 2 settimane fa non si è trasformata in azione in questo meeting (“questa è una buona domanda”, sic). Ha dichiarato che la situazione necessità ancora di approfondita analisi, ma le previsioni parlano da sole, con il CPI 2016 all’1.3% senza fattorizzare il nuovo outlook sul petrolio.
Poi, il Presidente ECB ha lungamente affrontato la questione del mandato ECB e di come non perseguirlo sarebbe la vera infrazione. Il QE è legale e può essere deciso a maggioranza.
Pesante la reazione dei mercati, con l’equity europeo in profondo rosso, e il cambio €/$ che ha recuperato sensibilmente, tornando a tratti sopra 1.244. A infastidire i mercati il nulla di fatto, l’assenza di dettagli sulle possibili misure integrative, le precisazioni sul timing e la dimensione del bilancio, ed in generale la sensazione di frizioni all’interno del Governing Council.
Troppo per investitori che accarezzavano l’idea di un QE immediato, e comunque si attendevano una seria promessa di azione nel primo trimestre, senza ulteriori indagini.
Personalmente, ancorché a mia volta deluso dal perenne “due passi avanti, un passo indietro” dell’ECB, non condivido la lettura pessimistica del mercato:
1) vedo l’assenza di incrementi alle misure odierna come un fatto positivo, in quanto lascia il gap tra le ambizioni di bilancio dell’ECB e le attuali misure intatto, pronto a essere colmato da una mossa forte, dopo un breve ulteriore periodo probatorio. L’aggiunta di asset al pool avrebbe allontanato un QE Sovereign. Per non parlare di incentivi alla TLTRO, che a mio modesto parere è stata l’ultimo tentativo della banca Centrale Europea di evitare un QE, ed è sostanzialmente fallito.
2) Le massicce revisioni alle stime dello Staff parlano chiaro. Il target è lontanissimo e lo resterà, specie se il petrolio, non fattorizzato in queste ultime, non recupera. E’ evidente che l’inflazione starà troppo bassa troppo a lungo. E Draghi ha ripetuto ad nauseam che l’ECB deve evitare ad ogni costo che pressioni sui prezzi producano un “ingiustificato inasprimento” delle condizioni finanziarie dell’Eurozona, arrivando a dire che non farlo sarebbe illegale.
3) Ora del 22 gennaio, data del prossimo meeting (i meeting non saranno più al primo giovedì del mese, ma prefissati come accade per il FOMC) Draghi avrà in mano i risultati della TLTRO (giovedì prossimo) e il CPI di dicembre oltre a stime affidabili su quello di Gennaio, dati che dovrebbero rafforzare il caso a favore di ulteriore azione.
In sostanza, ritengo che Draghi, trovandosi a operare in un ambiente “politico” come il Governing Council, pieno di fazioni e correnti, abbia oggi atteso per “rafforzare”, con ulteriori evidenze, la causa di un azione vigorosa. Le prossime news dovrebbero ottenere l’effetto desiderato (la probabilità di CPI negativi i prossimi mesi è elevata) e permettergli di tirare il grilletto dotato di un’ampia maggioranza, a gennaio o al massimo a marzo.
Sarà importante monitorare i prossimi discorsi e indiscrezioni a caccia di indizi di questa teoria personale.
Dal punto di vista dei mercati, la delusione dovrebbe essere di durata non troppo lunga. Il QE resta saldamente sul piatto e la conference odierna l’ha ulteriormente sdoganato, avendo Draghi sottolineato ancora la sua efficacia e dichiarato che è perfettamente legale. Difficile che, coeteris paribus, partano forti speculazioni ribassiste, con l’eventualità di un QE a gennaio tutt’altro che compromessa.