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Renzi e Berlusconi, due cuori e una capanna

“La justice est une espèce de marthyre” è una massima del teologo e predicatore francese Jacques Bénigne Bossuet (1627-1704). Credo che Berlusconi non avrebbe difficoltà a intestarsela. Tuttavia, probabilmente non condividerebbe il contesto in cui viene citata da Carl Schmitt in “Ex captivitate salus”, un testo scritto negli anni di prigionia e apparso in Germania nel 1950 (la traduzione italiana è stata pubblicata da Adelphi nel 1987).

In quell’opera il grande giurista tedesco si serve di tre formule latine per descrivere il percorso del suo ambiguo voltafaccia nei confronti del regime nazista: “tyrannum licet adulari” (è consentito adulare il tiranno); “tyrannum licet decipere” (è consentito ingannare il tiranno); “tyrannum licet occidere” (è consentito uccidere il tiranno).

Beninteso, Berlusconi non è Hitler e nessuno vuole ucciderlo, neanche Raffaele Fitto. Tuttavia, fossi in lui diffiderei dei consiglieri che non cessano di adularlo e che gli promettono fedeltà incondizionata. E che forse lo ingannano, soprattutto quando lo invitano a rompere il Patto del Nazareno.

Ci pensi bene, signor (ex) Cavaliere. Non si ficchi in un vicolo cieco. Se non vuole essere cannibalizzato da Matteo Salvini e se vuole ancora contare nella politica italiana, la sua unica ancora di salvezza oggi è Renzi. E, poi, stia tranquillo. Il presidente del Consiglio non è nemmeno sfiorato dall’idea di interrompere la legislatura. Sa bene che la sua carica propulsiva si sta esaurendo, e che un voto anticipato potrebbe riservargli amare sorprese.



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