Rifondare il Pd, uscito dalla fusione a freddo tra Ds e Margherita, richiede, alla luce dei primi inquietanti, insospettabili, risvolti di Mafia Capitale appena emersi, e del ruolo avuto dal ras delle cooperative per l’accoglienza degli immigrati, il compagno Salvatore Buzzi, un profondo intervento chirurgico di cui Matteo Orfini si è assunto l’onere.
E’ del tutto evidente che per formulare il ricorso all’intervento chirurgico per un partito da rifondare e ricostruire su basi nuove, Orfini ha chiarissima la gravità e l’entità della malattia, della parte o delle parti malate da asportare ed è consapevole del fatto che, portato in camera operatoria, il suo paziente eccellente o si salva in extremis o muore.
Fattore decisivo per il buon esito di un’operazione che si prospetta delicatissima e alquanto complicata, saranno l’esattezza della diagnosi e la freddezza del chirurgo-presidente del Pd che dovrà azionare e muovere il bisturi. La rifondazione non è – lo dimostra la bertinottiana Rifondazione Comunista – un’operazione di maquillage né un semplice imbellettamento: è qualcosa di piu’, è togliere il marcio, la parte o le parti malate.
A Orfini, che conosce assai bene il partito romano, certamente non sarà sfuggita la grande fuga dal voto sulla via Emilia, la storica, inattaccabile, roccaforte del vecchio Pci da cui sono discesi Pds e Ds, e da cui lui stesso proviene. Dovrà quindi sapersi muovere adeguatamente, con accortezza e decisione: in ballo, con la sopravvivenza del Pd, c’è la sua stessa immagine e carriera politica.
Quel che più lascia interdetti è il ruolo ricoperto dal ras delle cooperative per l’accoglienza degli immigrati, aderenti alla Lega Coop, il compagno Buzzi. Per mettere in piedi un sistema da oltre 200 milioni di euro di fatturato, legato alla criminalità, così ramificato e ben oliato servono anni di lavoro, di collaudi, di tagliandi, che non possono esser ricondotti soltanto ai devastanti cinque anni della giunta di Gianni Alemanno. Quanto finora emerso, 37 arrestati in carcere o ai domiciliari e cento indagati, è solo la punta di un iceberg.
Qualcuno che Orfini conosce bene tempo fa definì il Pd un amalgama mal riuscito. Non sarà che la parte o le parti malate del suo Pd siano riconducibili alla fusione a freddo, contro cui si battè tenacemente Bruno Trentin – con il vecchio mondo politico della Dc sopravvissuta a se stessa anche nei metodi e modi d’intendere e di far politica?
Non sarà che la parte o le parti malate del Pd – causa principale dell’enorme emorragia di voti registrata in Emilia e di iscritti – siano riconducibili al trasformismo, come ammoniva, inascoltato, Trentin, e all’aver smarrimento i valori basilari – laicità, libertà, uguaglianza, giustizia sociale – di un partito che si professa riformista e di sinistra ma che poi, carente di progettulità e di idee per il cambiamento della società, si uniforma all’ideologia neoliberista e clericale.
Non sarà, allora, che la questione morale, cara a Enrico Berlinguer che per anni sbandierava la diversità comunista, sia non solo da riprendere ma da approfondire e sostanziare con quel che Riccardo Lombardi, polemicamente, gli contrapponeva: la sinistra non ha il monopolio dell’onestà e della correttezza e non è il governo degli onesti che ci interessa ma il governo di alternativa alla Dc. E la diversità comunista? La sola diversità che conosco è quella genetica.
L’onestà non é tanto non commettere reati puniti dai codici, ma soprattutto essa è onestà morale e intellettuale, é coerenza tra quel che si pensa e si dice, tra quel che si dice e si fa. Insomma, l’onestà e la coerenza o ci sono o non ci sono, in quanto fanno (o non fanno) parte dell’identità e del modo d’essere della persona.
Per cui fare politica è, dovrebbe essere, un fare per gli altri, per milioni di persone e non per se stessi, per i soldi, la carriera e il potere. Un partito che concepisce la politica come un fare per se stessi, per il proprio successo, e sceglie il potere per il potere, riducendosi a Leopolde e a tavole rotonde, prima o poi è destinato a essere asfaltato dalla magistratura, come fu per il Psi e la Dc negli anni ’90 con Tangentopoli.
O all’auto-rottamazione, come sta avvenendo per il Pd, orgoglioso di aver tra le sue fila un ministro del Lavoro già capo della Lega Coop che abolisce l’art.18 dello Statuto dei lavoratori e siede, con altri ospiti, accanto a esponenti della cupola di Mafia Capitale.