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Perché sono eccessive le aspettative sulle prossime mosse amerikane della Bce

MARIO DRAGHI BCE

Di un Quantitative Easing nell’Eurozona (QeE), con l’acquisto di titoli di Stato da parte della Bce, si fa un gran parlare. Si dovrebbero adottare le soluzioni individuate da tempo dalla Fed americana, dalla Banca di inghilterra e da quella del Giappone per sostenere la ripresa.

 

LE PROSSIME MOSSE DELLA BCE

Sarebbe l’ultimo toccasana della politica monetaria europea, dopo le Ltro triennali varate a cavallo tra il 2011 ed il 2012, l’azzeramento ormai pressoché completo dei tassi di riferimento, la introduzione di remunerazioni addirittura negative sui depositi eccedenti la riserva obbligatoria, il recente varo delle T-Ltro destinate al finanziamento dell’economia reale ad eccezione dei mutui immobiliari ed il programma appena avviato di acquisto di Asset backed securities (Abs) e Corporate bond (Cb), per importi invero assai esigui.

CHE COSA HA FATTO FRANCOFORTE

La Bce, diversamente dalle altre grandi banche centrali, ha dapprima aumentato il volume del proprio bilancio in rapporto al pil dell’Eurozona, portandolo dal 15% di metà 2008 al picco del 32,8% di metà del 2012, per poi ridurlo fino al 20,5% degli inizi del 2014. In pratica, ha drenato liquidità per oltre 12 punti del pil dell’Eurozona in meno di due anni. Va rilevato però che il profilo della liquidità immessa dalla Bce corrisponde a quello dello sbilancio registrato all’interno del sistema Target 2, che regola i pagamenti interbancari all’interno dell’area. Il picco di liquidità immessa dalla Bce nel 2012 coincide infatti con il livello di massimo accreditamento della Bundesbank e delle Banche centrali del gruppo dei Paesi denominati DNLF (Germania, Olanda, Lussemburgo e Finlandia) nei confronti delle Banche centrali dei Paesi GIIPS (Grecia, Italia, Irlanda, Portogallo e Spagna). In pratica, a fronte dei trasferimenti interbancari all’interno dell’area, per il pericolo di default, la Bce ha finanziato con liquidità compensativa le banche centrali dei Paesi da cui defluiva la valuta, che ha poi drenato a mano a mano che gli squilibri all’interno del Target 2 si sono andati riassorbendo.

AUMENTO O CORREZIONE?

Sulla base di questa considerazione sembra quindi che in realtà la Bce non abbia dato seguito ad una politica di aumento complessivo della liquidità, ma che si sia limitata a correggere con propri mezzi compensativi gli squilibri all’interno dell’Eurozona con interventi a favore delle aree deficitarie. La questione è rilevante, poiché ne deriva un severo ridimensionamento del contributo netto recato finora dalla Bce in termini di liquidità aggiuntiva.

I BENEFICIARI

Di questi squilibri di liquidità all’interno dell’area occorre tener conto in vista di un possibile QeE. Infatti, se non è affatto scontata la correlazione tra acquisto di titoli di Stato (sul mercato secondario) ed immissione di liquidità nell’economia reale, occorre cercare di capire se i benefici dell’operazione si allocheranno nel Paese di emissione dei titoli acquistati dalla Bce e chi potrà concretamente disporre della nuova liquidità.

TROPPE ASPETTATIVE?

In pratica, si sta alimentando l’aspettativa di un diluvio di liquidità, che liberi gli attivi di banche, assicurazioni, fondi previdenziali e di investimento dagli immobilizzi in titoli di Stato: per molti, la unica prospettiva è di fare trading, sano o speculativo non importa. L’idea che si sta trasmettendo al mercato è che si tratti di una versione aggiornata della “Greenspan put”: tutti si attendono un rally sulle Borse, scommettendo non più al ribasso visto lo stato dell’economia, ma al rialzo. Questa ipotesi sarebbe contraddittoria rispetto agli obiettivi della Bce, dopo che ha deciso di effettuare le T-Ltro vincolando il rifinanziamento del sistema bancario alla erogazione di credito all’economia reale, ed escludendo addirittura i mutui immobiliari per evitarne fiammate di valore. Non avrebbe niente a che vedere nemmeno con l’obiettivo fin qui dichiarato dalla Bce di volere intervenire anche con mezzi non convenzionali per evitare la tendenza alla deflazione dei prezzi al consumo.

NON BASTA IL QE

L’ipotesi di utilizzare il QeE per fornire agli operatori finanziari liquidità esuberante, da impiegare nel carry trade, coglierebbe solo parzialmente la prospettiva di contrastare la deflazione: la si otterrebbe svalutando, attraverso l’aumento dei prezzi all’importazione che deriva dall’indebolimento dell’euro rispetto alle altre valute. L’euro si aggiungerebbe buon ultimo allo yen, al real brasiliano ed al rublo, che per motivi diversi hanno già svalutato: se in teoria ne beneficerebbero direttamente le aziende esportatrici europee, in primo luogo quelle della Germania che ormai matura l’intero avanzo della bilancia dei pagamenti correnti attraverso le relazioni extra-Ue, basta vedere che cosa è successo di recente con la riduzione del prezzo del petrolio sui mercati internazionali. E’ solo per questo motivo che il saldo estero italiano è migliorato, anche se i prezzi alla pompa sono rimasti pressochè invariati: per i consumatori, quindi, non c’è stato alcun vantaggio. Al contrario, un aumento dei prezzi delle importazioni impoverirebbe ancora le fasce più deboli della popolazione europea. Si è già visto qual’è l’effetto dell’aumento dell’Iva sui consumi, in Italia come in Giappone: cadono.

L’OBIETTIVO DELLA BCE

L’obiettivo della Bce è di combattere la tendenza dei prezzi alla deflazione, ma non ricorrendo ad artifici controproducenti: il Qe deve essere congegnato in modo da fornire liquidità che si indirizzi all’economia reale, alimentando la domanda interna.

CHE COSA MANCA IN EUROPA

Il punto dolente è che mancano in Europa i congegni istituzionali che negli Usa garantiscono il finanziamento del Tesoro e quindi dell’economia reale con la nuova liquidità immessa dalla Fed. Essendo vietato anche a quest’ultima di finanziare direttamente il Tesoro, le emissioni di titoli vengono inizialmente sottoscritte dai Primary Dealer (PD’s). Questi li girano alla Fed, a fronte del versamento della liquidità corrispondente sui conti intrattenuti con questi operatori, ed infine il Tesoro effettua operazioni di cash managment, emettendo titoli di tesoreria sottoscritti dai PD’s in contropartita della liquidità così ritirata. Siamo così di fronte ad un artificio, che aggira legalmente il divieto. Solo la differenza tra la liquidità acceditata dalla Fed sui conti dei PD’s e quella non ritirata dal Tesoro rimane a disposizione per effettuare operazioni sui mercati finanziari. E’ un meccanismo molto simile a quello che veniva utilizzato in Italia, prima del cosiddetto divorzio tra Tesoro e Bd’I, salvo il fatto che la Banca d’Italia sottoscriveva direttamente l’inoptato dal mercato e pagava essa stessa con nuova liquidità i mandati di pagamento delle spese statali nell’ambito del servizio di Tesoreria provinciale.

EFFETTO FED

C’è poi la questione della retrocessione degli interessi sui titoli acquistati dalla banca centrale: nel 2013, la Fed è stato il principale contribuente del fisco, avendo versato ben 77,7 miliardi di dollari, al netto delle spese e delle commissioni, derivanti dalla detenzione di titoli pubblici e dalla loro negoziazione sul mercato aperto. Avveniva lo stesso da noi, nei rapporti tra BdI e Tesoro. Ma oggi, è un meccanismo tutto da costruire.

LE SOLUZIONI ALTERNATIVE

In Italia esistono già gli operatori specializzati in operazioni sul debito pubblico, appositamente accreditati presso il Ministero dell’economia, e la Banca d’Italia espleta tuttora il servizio di Tesoreria provinciale, intrattenendo appositi conti con il Ministero dell’economia su cui si accreditano anche i proventi delle aste del debito pubblico. Sovente, poi, per approfittare di buone condizioni sul mercato, si effettuano emissioni ulteriori rispetto al fabbisogno, mettendo fieno in cascina. Le Poste italiane effettuano pagamenti per pensioni ed altri assegni per conto dello Stato, spesso anticipando le disponibilità del bilancio statale e dell’Inps. Inoltre, essendo ancora di intera proprietà pubblica e detenendo una quantità molto rilevante di titoli di Stato a fronte della raccolta del risparmio postale, potrebbero cedere alla Bce una quota consistente di questi immobilizzi, al fine di finanziare i progetti di sviluppo della sua Banca per il Mezzogiorno e nuove emissioni da parte della Cassa DD.PP.

NON SOLO ACQUISTI

Se vogliamo attivare anche in Italia il QeE, attraverso l’acquisto di titoli di Stato da parte della Bce, occorre definire tutti i meccanismi ed i canali necessari per consentire alla liquidità aggiuntiva di affluire davvero all’economia reale. Se la Bce si limita a comprare i titoli di Stato italiani sul mercato, magari facendoseli vendere da un grande fondo di investimenti straniero, i gestori userebbero la liquidità ottenuta per comprare altri titoli, chissà dove: l’impatto sull’economia reale e sulla Borsa italiana sarebbe pari a zero.

IL BIVIO

Serve un sistema trasparente per ricapitalizzare e finanziare le imprese a lungo termine. Dobbiamo decidere se rimettere al centro l’economia reale, stretta tra la pressione fiscale e restrizioni creditizie, oppure se proseguire con la finanziarizzazione del sistema. Se è meglio incrementare gli investimenti, i redditi e l’occupazione, oppure dare vita ad una bella fiammata dei prezzi sulle Borse.

Se ne parla ogni giorno, tutti lo vogliono, ma per ora il QeE è solo un mistero.

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