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Ecco perché Mediobanca Securities ora è un po’ “renziana” sull’Italia

Feedback costruttivo da Roma, nonostante il downgrade di S&P’s: è il titolo di un report a firma di Antonio Guglielmi, capitano della squadra di analisti di Mediobanca Securities, che racconta di aver incontrato a Roma “alti rappresentanti del governo, vari partiti politici e istituzioni regolatorie. Roma ci ha raramente lasciato con un messaggio di consistente ‘momentum pick-up’ su tutta la linea. Due temi principali sono stati all’ordine del giorno: Jobs Act e riforme”.

OK IL JOBS ACT

Entusiasta del Jobs Act che consentirà di ridurre “il costo del lavoro per unità nel medio termine”, secondo Guglielmi. E che è una “una pietra miliare nel processo di riforme. Renderà il licenziamento per motivi economici e organizzativi più facile ed economico, limitando il reintegro solo ai licenziamenti disciplinari e discriminatori. E introduce una procedura veloce riducendo l’indennità di licenziamento a 1/1,5 stipendi mensili per ogni anno di servizio rispetto agli attuali 12/24 mesi. La legge consente al datore di lavoro di negoziare con i sindacati locali riduzioni di compensazioni in deroga ai contratti nazionali, seguendo l’esempio della Spagna”.

NUMERI E CAPOSALDI

Meno spazio per la Cassa integrazione (Cig) e una nuova agenzia nazionale per i servizi di collocamento, prima dell’approvazione di alcuni decreti attuativi tra gennaio e giugno che porteranno tra l’altro “alla riprogettazione della Cig e all’assicurazione di disoccupazione, a un codice del lavoro semplificato (da 200 articoli a 60)”.
L’Italia ha perso circa un milione di lavoratori dal 2008. Oggi il 10% dei lavoratori hanno almeno un anno di servizio e il 50% almeno cinque anni. “Date tali dinamiche – scrive Guglielmi – potremmo aspettarci che il Jobs Act incida sostanzialmente sulla competitività su un orizzonte di 3-5 anni, portando a un mercato più dinamico posti di lavoro e alla riduzione del divario del costo unitario del lavoro in Italia rispetto agli omologhi europei, che oggi è di circa il 15-20 %”.

ARRIVANO LE RIFORME

Una fitta agenda di riforme è prevista per i prossimi sei mesi, sottolinea il report: “La Legge di Stabilità dovrebbe passare entro il 23 dicembre – continua Guglielmi – con una riallocazione della pressione fiscale lontano dai fattori di produzione: attualmente le tasse ammontano al 12% del Pil contro il 10% in Francia e in Germania, cioè circa 33 miliardi in più”. La Legge di Stabilità prevede un taglio dell’Irpef da 10 miliardi, 4 miliardi sull’Irap, 2 miliardi per la sicurezza sociale per i nuovi assunti e 1 miliardo sul lavoro autonomo. “Questi saranno coperti da 9 miliardi di taglio dei costi a livello di enti locali, 6 miliardi di finanziamento del disavanzo, e 1 miliardo di maggiori imposte sul risparmio”.

TRA PRIVATIZZAZIONI E BAD BANK

E poi ci sono i pagamenti degli arretrati da parte della Pa; un accordo definitivo con la Svizzera sulle attività di rimpatrio; sono stati introdotti fattura digitale e incentivi fiscali per investimenti nella banda larga; confermato un piano di privatizzazione nel 2015 che coinvolgerà Poste Italiane, Enav, Ferrovie, Sace, Eni, Enel. Ed è tornata all’ordine del giorno la questione bad bank. Una soluzione che potrebbe “includere le piccole banche – scrive ancora Guglielmi – e basarsi sull’appetito degli investitori dopo l’Aqr, quindi senza ricorso ai soldi dei contribuenti o dell’Esm”. E ancora, sul tavolo ci sono le riforme della giustizia civile, della pubblica amministrazione, della legge elettorale e le riforme costituzionali.

L’OTTIMISMO DI MEDIOBANCA SECURITIES

“Per la prima siamo costruttivi – concludono gli analisti di Mediobanca Securities – e per la prima volta vediamo spazio per una sorpresa del Pil nel 2015”. Ovviamente è necessario evitare le elezioni anticipate nel primo semestre del prossimo anno per portare le riforme a compimento. “Si sta costruendo un momentum positivo e questo dovrebbe attirare investimenti esteri diretti, come si è visto in Spagna, dove la consegna delle riforme ha attratto 100 miliardi dal 2012 rispetto ai miseri 30 miliardi in Italia”. In Italia ci sono 80 miliardi in meno di investimento rispetto ai livelli pre-crisi e solo il 50% di questi viene impiegato. “La mancanza di investimenti e la loro sottoutilizzazione sono aggravati dalla mancanza di credito e dalla bassa domanda – conclude Guglielmi – Siamo ben consapevoli che le riforme di cui sopra potranno difficilmente generare crescita nel breve termine. Tuttavia, ora vediamo spazio per una crescita del Pil nel 2015. Perché le stime sono su un realistico 0,5% e non sull’1,3% di sei mesi fa; il Pil aumenta dello 0,3% per ogni calo del 30% nel prezzo del petrolio e dello 0,2% per ogni 10% di svalutazione dell’euro contro il dollaro”. Il taglio di S&P non ha avuto impatto e non ne avrà sull’immagine italiana. Certo è che le condizioni per fare bene ora ci sono tutte – compreso il qe della Bce che consentirà di prendere tempo. Ma probabilmente è davvero l’ultimo treno.



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