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Renzi, Napolitano e le sabbie mobili della stabilità

Non me ne voglia il Presidente della Repubblica, ma quando sento parlare di instabilità come terribile conseguenza dell’opportunità di andare a votazioni anticipate, davvero mi verrebbe da chiedergli cosa intenda significare con quella parola, instabilità.

Nel porgli la domanda, non potrei esimermi poi da una considerazione preliminare, ovvero quella relativa alle sue vere o presunte dimissioni e all’agitazione che sta portando negli ambienti istituzionali. Cosa c’è che porta più instabilità nelle Istituzioni di tutte le ciacole, intese, accordi, accordicchi, intrighi e veti incrociati di palazzo sul nome del suo successore? Insomma, cosa fa più perdere tempo e sprecare risorse fisiche e nervose nella via del rinnovamento, delle riforme e della (sic) ripresa economica del Paese che una siffatta situazione di paludosa tiritera?

E poi, cosa c’è di più confuso ed instabile dell’attuale Legislatura che, ad essere scaramantici, è pure la XVII e magari porta pure sfortuna? Assistere al question time del premier Matteo Renzi ieri alla Camera, al desolante spettacolo dei banchi semivuoti, agli applausi dei deputati piddini per l’abbandono di un deputato grillino, ascoltare le chiacchiere poi nei corridoi del palazzo, consente allo spettatore di capire come, piaccia o meno, la stabilità attuale è solo nella capacità di partorire azioni e soluzioni pasticciate e purtroppo risibili, vedi abolizione delle Provincie, riforma del lavoro e legge di stabilità.

E’ una Legislatura che non consente persino ad un cavallo di razza come Matteo Renzi, arrivista, scaltro, spregiudicato e determinato, con pochi scrupoli del politically correct, capace di calamitare consenso e voti, di governare senza dover scendere a compromessi, purtroppo spesso al ribasso, vittima di un Parlamento che non è il suo, dell’azionista di maggioranza del suo partito che protesta contro il suo governo nelle piazze e – paradosso paradigmatico dell’attuale instabilità – persino degli umori schizofrenici e pavidi di molti esponenti del partito del quale è segretario. Con una siffatta fotografia domestica pensare infine che il buon Matteo possa essere determinante ed influente in quelle che sono poi le scelte di indirizzo delle politiche europee, è pia e miope illusione.

Infine, come stupirsi se il premier ai proclami ed ai buoni propositi fa seguire più annunci che azioni e fatti concreti? E’ questa la stabilità invocata da Giorgio Napolitano? Come reagirà quando – al Colle o in qualche diversa località – non essendoci altri roboanti annunci di programma, riforme e rinnovamento da fare, a Matteo Renzi ne resterà solo uno, quello di andare alle urne?

Auguri, caro Presidente, da italiano sento il dovere di dirle grazie per il suo sacrificio e per la sua commozione in occasione del suo secondo incarico. Tuttavia, di fronte alla perdurante stabile inconcludenza, sarebbe preferibile rimettere la nazione di fronte all’essenza stessa della democrazia, ovvero dare agli italiani depressi e intimoriti la responsabilità di scegliere e capire così cosa vogliono fare da grandi, capire così se sono maturi per ripartire, ma davvero.



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