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Dopo Rosetta, ora guardiamo a Marte

Esa

I 50 anni dell’Italia spaziale sono un’occasione per fare il punto di questo straordinario mezzo secolo di attività, consci delle opportunità che ci stanno davanti. Quale modo migliore per festeggiare l’anniversario se non con la serie di eventi spaziali che si sono succeduti nell’ultimo mese? L’atterraggio di Philae sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko dopo 12 anni di inseguimento, il lancio di Samantha Cristoforetti, la prima donna italiana nello spazio, il successo della Ministeriale del 2014 in Lussemburgo, riunione storica che ha delineato il futuro della famiglia di lanciatori europei basato sull’Ariane-6 e sul vettore italiano Vega.

L’Esa ha deciso di ridefinire il suo parco lanciatori attualmente basato su tre diversi tipi di vettore, l’Ariane-5, la Soyuz e il Vega, in quanto la mancanza di elementi comuni rende impossibile uno sfruttamento commerciale competitivo, considerando l’ingresso dei privati (gli americani Space-X, Orbital) e dei Paesi emergenti (Cina, India) nel settore dei lanciatori per i servizi in orbite basse. Lo schema approvato alla Ministeriale 2014 prevede due versioni dell’Ariane 6 che condividono tra loro la parte a propulsione liquida e con il Vega la parte a propulsione solida, il motore P120. La versione più grande, chiamata Ariane 64 avrà quattro motori solidi, quella intermedia, l’Ariane 62, ne avrà due e il Vega uno.

In questo modo la tecnologia italiana sviluppata a Colleferro dall’Avio e da Elv diventa un elemento centrale della strategia europea, confermando che l’Italia è l’unico Paese europeo oltre alla Francia in grado di accedere allo spazio con un proprio lanciatore.

Sempre alla Ministeriale abbiamo confermato la nostra partecipazione strategica alla Stazione spaziale internazionale, incentrata sui quattro astronauti italiani del corpo europeo dell’Esa. Infine la missione Exomars: quello che Philae ha fatto sulla cometa con il trapano realizzato in Italia, il rover di Exomars lo farà nel 2018 su Marte. Si tratta di una prima volta sia per l’Europa ma anche per il mondo, in quanto trapaneremo la superficie marziana fino a due metri di profondità, cercando sotto la superficie possibili tracce di vita su quel pianeta. Tale superficie, infatti, è completamente sterilizzata dal plasma solare e dai raggi cosmici che, a differenza della Terra, non vengono fermati dalla sottile atmosfera marziana e dall’assenza di un campo magnetico.



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