La realtà può esserci maestra. Noi italiani, popolo indisciplinato, fatichiamo ad imparare la lezione. E non solo il popolo, parola nobile, ma anche (e soprattutto) coloro che si credono l’ élite, la parte alta, un pò come certi intellettuali che sembrano “unti dal Signore” e depositari di qualità a cui noi umani non potremmo aspirare.
Ebbene, negli ultimi decenni, quando il metodo mafioso penetrava nelle Istituzioni e le svuotava rendendole strumento di un disegno “diffusamente illegale”, dov’erano gli italici geni ? O erano collusi o dormivano, ci verrebbe da dire.
Il problema che pongo riguarda l’importanza della cultura come capacità di prevenire che uno Stato di diritto si rassegni ad apparire tale e ad essere, in realtà, un anti-Stato neppure troppo mascherato. Altresì, il problema è nella cultura come pungolo, come capacità di discutere e di problematizzare le classi dirigenti in termini progettuali, aprendo sempre nuove prospettive e portando nel dibattito l’importanza di un pensiero critico, creativo e libero.
L’Italia sta diventando un Paese lineare e, per questo, culturalmente e praticamente sempre più corrotto; la prima forma di corruzione, infatti, è nella rassegnazione all’illegalità che si fa sistema.