Bisogna porre molta attenzione al recente dibattito circa la possibilità di creare centri per la gestione delle domande di accoglienza direttamente in alcuni paesi dell’africa settentrionale. Se si pensa, ad esempio, all’attuale situazione della Libia, sembrerebbe poco responsabile porre in essere procedure di riconoscimento della protezione internazionale in una regione dove non possono essere garantite adeguate condizioni di sicurezza. Inoltre, tutto ciò non deve far dimenticare i rischi che molti migranti corrono durante il loro viaggio verso i paesi del Nord Africa, pericolosi tanto quanto le traversate del Mediterraneo.
COSA SONO I FLUSSI MIGRATORI
Quando si parla di flussi migratori, è molto importante analizzare i concetti di mobilità e protezione. In particolare, il termine protezione dovrebbe andare oltre la sicurezza dei confini e ricomprendere soprattutto la protezione umanitaria di profughi e richiedenti asilo. È una questione di civiltà.
Non a caso nel 2011 l’Unhcr scelse Lampedusa per celebrare la giornata mondiale del rifugiato. L’isola è ormai diventata simbolo internazionale dell’accoglienza e dello spi- rito umanitario. Ragionando in termini europei, l’assenza di una fiducia reciproca tra gli Stati membri ostacola il dialogo teso a un’evoluzione del settore. Di conseguenza, anche nell’ambito dell’immigrazione, l’integrazione europea rappresenta un obiettivo e un mezzo molto importante da gestire per poter ottenere risultati concreti in termini di politiche migratorie.
Negli ultimi anni le coste europee sono diventate una vera e propria frontiera umanitaria. Da gennaio a ottobre del 2014, gli arrivi sono stati circa 196mila, di cui 150mila nella sola Italia. L’aumento degli sbarchi si è iniziato a registrare già tra giugno e luglio del 2013, prima che fosse istituita l’operazione Mare nostrum.
CONFLITTI E MIGRAZIONI
In genere l’aumento dei flussi migratori combacia con l’acuirsi di situazioni conflittuali. Le persone che sono costrette a fuggire a causa di violenze e persecuzioni sono oltre 50 milioni. Un contributo negativo all’aumento di questo numero proviene dalla Siria. Nel Paese mediorientale si contano circa 3 milioni di rifugiati e oltre 6,5 milioni di sfollati. Da questi dati risulta evidente che il numero di rifugiati che si muove verso l’Europa (190mila) è davvero esiguo. Si tratta quindi di una situazione del tutto gestibile.
Dopo i tragici eventi dell’ottobre 2013 in cui hanno perso la vita 600 persone, l’Italia ha dato seguito all’ondata di commozione istituzionale con l’operazione Mare nostrum. Un’iniziativa coraggiosa, lungimirante e generosa da parte italiana. Oggi, con l’operazione Triton, si torna a parlare ancora di protezione delle frontiere marittime esterne più che di operazioni di salvataggio in mare.
IL RUOLO DELL’UNHCR
L’Unhcr, così come molte altre istituzioni e organizzazioni, è preoccupata della graduale sospensione di Mare nostrum in assenza di un accordo alternativo che delinei mezzi e obiettivi legati al salvataggio della vita in mare. In questa direzione aumenta il rischio di ulteriori disastri umanitari. La situazione del Mar mediterraneo è complessa e richiede una serie di interventi di breve e lungo periodo nei Paesi di origine, nei Paesi di transito e nei Paesi di destinazione. L’Unhcr ha istituito la consultazione annuale “High commissioners dialogue” a Ginevra con l’obiettivo appunto di discutere della protezione in mare.
L’Italia è chiamata a dare un grande contributo a livello europeo. Tra i concetti su cui
lavorare figurano il riconoscimento reciproco, la lettura estensiva di strumenti normativi europei già esistenti e la collaborazione con i Paesi del Nord Africa. Il discorso sul riconoscimento reciproco, sulla possibilità di un migrante di poter circolare liberamente all’interno dell’Unione europea una volta ottenuto il riconoscimento da uno degli Stati membri, dovrebbe essere approfondito.
GLI STRUMENTI DEL REGOLAMENTO DI DUBLINO
Un altro spunto di riflessione è fornito dal Regolamento di Dublino, in particolare dalle norme che permettono di gestire la presenza di migranti nei vari Paesi sulla base di legami familiari estesi, di questioni umanitarie o di ogni altro tipo di legame esistente. Questi strumenti dovrebbero essere gestiti in modo più strategico dagli Stati membri dell’Unione europea. Altro tema di discussione deve essere la collaborazione con i Paesi del Nord Africa, tesa, tra l’altro, al rafforzamento della loro capacità istituzionale.
Ciò potrebbe costituire una base per un approccio regionale più globale alla gestione dei flussi migratori e alla protezione dei rifugiati, nell’interesse della Ue e degli Stati confinanti. In riferimento a quest’ultimo punto, bisogna porre molta attenzione al recente dibattito circa la possibilità di creare centri per la gestione delle domande di accoglienza direttamente in alcuni Paesi dell’Africa settentrionale. Se si pensa, ad esempio, all’attuale situazione della Libia, sembrerebbe poco responsabile porre in essere procedure di riconoscimento della protezione internazionale in una regione dove non possono essere garantite adeguate condizioni di sicurezza.
Inoltre, tutto ciò non deve far dimenticare i rischi che molti migranti corrono durante il loro viaggio verso i Paesi del Nord Africa, pericolosi tanto quanto le traversate del Mediterraneo. L’obiettivo resta quello di evitare che le persone intraprendano viaggi pericolosi, in balia spesse volte di trafficanti senza scrupoli.
MENO VIAGGI DELLA SPERANZA
L’Unhcr ha esortato gli Stati membri della Ue ad aumentare i loro sforzi per diminuire i viaggi della speranza, per prevenire il traffico di esseri umani e per assicurare valide alternative legali alle persone in fuga. Tra queste alternative figurano il reinsediamento, la predisposizione di missioni legate alle esigenze umanitarie e la possibilità di un accesso facilitato al ricongiungimento familiare. Il reinsediamento rappresenta senza dubbio lo strumento principale.
Con esso un singolo Stato si rende disponibile ad accogliere un determinato numero di rifu- giati i cui diritti fondamentali sono messi a rischio da situazioni politiche e sociali insta- bili. Come si legge nel Global report Unhcr del 2013, a livello globale le persone aventi la necessità di essere reinsediate sono più di 800mila. Negli Stati membri della Ue è stata data la disponibilità per il reinsediamento a circa 71mila persone. Affinché la pratica del reinsediamento abbia effetti concreti, è necessario che queste cifre aumentino. In caso contrario, la presenza di centri di accoglienza non potrebbe dare risultati significativi. Per le istituzioni europee e i Paesi membri è giunto il momento di intensificare i loro sforzi collettivi per il rafforzamento delle operazioni di soccorso, per fornire un accesso rapido all’asilo e per aumentare le alternative legali di protezione in Europa.
La gestione dei flussi migratori via mare rappresenta ovviamente una sfida per l’Unione europea, una sfida che deve e può essere vinta senza abbassare gli standard di qualità e senza dimenticare che la protezione di rifugiati e richiedenti asilo deve diventare il principio-cardine di tale gestione.