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YouTube cerca ancora un fruttuoso modello di business

YouTube è il terzo sito web più visitato al mondo e attrae sempre più spettatori che migrano dalla tv tradizionale: ma se gli operatori della cable tv possono preoccuparsi per il loro futuro, nemmeno Google dorme sonni del tutto tranquilli, perché non ha ancora capito come trasformare i tanti visitatori in introiti pubblicitari. Insomma, come creare per YouTube un fruttuoso modello di business?

I NUMERI DI YOUTUBE

Ogni giorno, oltre un miliardo di persone in tutto il mondo guarda più di 300 milioni di ore di video su YouTube. Fondata nel 2005 come piattaforma del video fai-da-te e col motto “Broadcast Yourself”, YouTube produce oggi più programmi di successo degli stessi studios di Hollywood. Negli Usa la coppia di comici SMosh ha circa 30 milioni di iscritti ai suoi canali su YouTube. Il comico svedese PewDiePie ha un seguito analogo. Per fare un confronto, programmi tv di grande successo come “The Big Bang Theory” hanno in media la metà di questi spettatori. E se qualche anno fa l’industria dell’intrattenimento vedeva YouTube come un nemico da debellare a suon di cause sul diritto d’autore, oggi cerca l’alleanza del sito di proprietà di Google andando a caccia di nuove star e di società che hanno creato canali e contenuti di successo su YouTube, come hanno fatto anche DreamWorks Animation  (che ha comprato AwesomenessTV per 33 milioni di dollari) e la Walt Disney Company (che ha pagato 500 milioni per i Maker Studios).

Questo successo di massa non si traduce però in investimenti pubblicitari di proporzioni simili. La società di ricerche di mercato eMarketer stima che YouTube genererà negli Usa circa 1,13 miliardi di dollari in entate dalla pubblicità nel 2014; BI Intelligence calcola circa 5 miliardi a livello globale. Grandi numeri ma pur sempre una piccola porzione rispetto ai 200 miliardi di dollari del mercato globale della pubblicità televisiva.

LE SFIDE

E’ vero che YouTube è in forte crescita e si avvicina a chiudere il gap con le entrate pubblicitarie di una delle maggiori reti tv americane, Cbs, che fattura 9 miliardi dalla pubblicità e cresce molto più lentamente; tuttavia la concorrenza è serrata, sia dai media digitali come Instagram, Facebook e Twitter che stanno potenziando l’offerta video, sia dalle reti tradizionali; proprio Cbs si prepara a lanciare un servizio di streaming online per abbonati e nella stessa direzione si sta muovendo Hbo.

Inoltre, nota eMarketer, benché oggi YouTube attragga quasi il 19% di tutta la pubblicità sul digital video negli Usa, allargare lo share le sarà sempre più difficile, perché non tutti i canali di YouTube sono ugualmente appetibili per gli inserzionisti. Molti dei contenuti su YouTube sono o troppo brevi o non “brand-friendly” dal punto di vista delle agenzie della pubblicità, secondo eMarketer. Qui si farà sentire anche la concorrenza di rivali come Yahoo che investono in contenuti premium, ovvero di lunga durata e con produzioni di qualità, capaci di attrarre la pubblicità molto più dei video fai-da-te.

Il problema è anche, dicono le grandi corporation, che gli utenti su YouTube non equivalgono automaticamente a spettatori della pubblicità come accade sulla Tv; nonostante la platea massiccia di YouTube, e la marea di contenuti che contiene, solo una piccola frazione di essi viene considerata di valore equivalente agli spettatori e ai contenuti della Tv.

I creatori di YouTube si lamentano anche del fatto che Google non investe a sufficienza per promuovere i talenti che emergono su sito, col rischio che vengano notati e sottratti da altre aziende dei video che ne sfruttano poi le capacità per il loro guadagno.

Inoltre, un recente smacco per Google e YouTube è stata la mancata acquisizione di Twitch, un sito di streaming di video games molto seguito che Big G ha tentato di comprare per potenziare la sua presenza nel segmento videogiochi, ma che alla fine è andato ad Amazon che ha offerto una cifra più alta.

L’IPOTESI DI UNA YOUTUBE A PAGAMENTO

Google sa di dover sfruttare meglio le potenzialità di YouTube e per questo starebbe pensando a creare una versione del sito privo di pubblicità ma a pagamento, una vera svolta rispetto al modello adottato finora basato sulla pubblicità come sola fonte di entrate e su video sempre gratuiti.

La novità è stata annunciata da Susan Wojcicki, top manager di Google che ha passato anni a guidare la strategia pubblicitaria di Big G e che da un anno è a capo di YouTube. La Wojcicki vuole trovare modi per generare maggiori guadagni e utili per il sito che Google comprò nel 2006 per 1,65 miliardi di dollari.

L’offerta basata su un abbonamento sarebbe una versione alternativa di YouTube, in aggiunta a quella esistente, che darebbe agli utenti la possibilità di scegliere il modello più adatto (con o senza pubblicità) e si adatterebbe a un mondo in cui gli spettatori guardano i video sempre più accedendo dalle app sui device mobili, ha detto la Wojcicki.

La Wojcicki sta considerando la proposta dell’abbonamento mentre altri servizi del video online a pagamento di aziende concorrenti come Netflix, Hulu e Amazon.com stanno guadagnando audience. Alcuni di questi servizi hanno anche le pubblicità, altri, come Netflix, no. YouTube non ha mai offerto un’opzione a pagamento senza pubblicità, ma solo la possibilità per i provider di contenuti di crearsi il loro canale a pagamento dentro YouTube, un’offerta lanciata circa un anno fa ed estesa gradualmente a sempre più fornitori di contenuti e più Paesi. “Se si guarda al mondo dei media, nel tempo tutti hanno adottato il doppio modello, con la pubblicità o con l’abbonamento”, ha osservato la Wojcicki.

Secondo il Wall Street Journal, YouTube ha cominciato a incontrarsi con i partner dei contenuti per sondare la disponibilità a far parte di una versione a pagamento del sito focalizzata su tipologie specifiche di contenuto, come le news.

L’ESPERIMENTO NELLA MUSICA

YouTube sta già tentando un esperimento simile con il servizio musicale a pagamento Music Key che si affianca all’offerta di musica gratuita e con pubblicità. Le due versioni continueranno sempre a coesistere, quella a pagamento non soppianterà quella gratuita, ma potrebbe offrire delle funzionalità aggiuntive. Tuttavia, nonostante gli annunci della Wojcicki, non è detto che il nuovo YouTube a pagamento prenda piede presto; per ora Music Key, che costa 9,99 dollari al mese e mette a disposizione milioni di canzoni e video musicali, è stato lanciato dopo diversi rinvii solo in versione limitata, perché Google ha avuto difficoltà nello stringere accordi con i detentori dei diritti. E sicuramente non è nemmeno facile convincere il tradizionale pubblico di YouTube a pagare per qualcosa che piace così com’è ed è sempre stato gratis.

ANALISTI OTTIMISTI

Non è detto tuttavia che YouTube non riesca a moltiplicare nei prossimi anni i suoi introiti pubblicitari, trasformando infine il suo modello gratuito in una fonte di guadagni stellari: lo credono alcuni analisti, come Stifel Nicolaus di Scott Devitt che prevede che le entrate di YouTube arriveranno a ben 31 miliardi di dollari nel 2024, perché le persone continueranno ad abbandonare la tv tradizionale a favore del video online; di conseguenza gli inserzionisti si sposteranno in massa su Internet e in particolare sui siti di Google e su Facebook.

Previsioni rosee anche da parte di Anthony DiClemente, analista di Nomura Equity Research e sempre per lo stesso motivo: gli investimenti pubblicitari migreranno online e entro il 2017 le entrate pubblicitarie di YouTube dovrebbero toccare i 9 miliardi di dollari, proprio come Cbs oggi.

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