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3 domande sul dopo Napolitano

Vogliono ancora la dittatura” ha gridato ieri Berlusconi, partecipando al meeting  del club “Cuore Nazionale” all’auditorium nel complesso del Santuario del Divino Amore a Roma, rivolgendosi al PD i cui componenti “ non si chiamano più comunisti, ma democratici”.

Curioso il Cavaliere: stringe con Renzi  il patto del Nazareno, che da subito abbiamo definito scellerato, che comprende una riforma del Senato e una super legge truffa, quella dell’Italicum, peggio della famigerata Legge Acerbo; un combinato disposto destinato a consegnare, come già in larga parte è avvenuto, tutto il potere alla sinistra e adesso se la prende con “ il Bomba” di Firenze?

Ieri Napolitano ha firmato le sue dimissioni lasciando il Paese in un ingorgo istituzionale senza precedenti.

E’ vero che i poteri del Presidente della Repubblica funzionano a fisarmonica: molto ristretti, al limite di mera rappresentanza e funzione notarile, quando il sistema politico dei partiti funziona; molto più allargati quando, come nel caso della presidenza Napolitano, almeno dal 2011 in poi, il sistema dei partiti si è andato progressivamente sfaldando. In tali condizioni il potere di supplenza del Presidente, come già accadde a Einaudi dopo il 1953 e a Cossiga dopo il 1989, si impone quasi per necessità.

A Napolitano, tuttavia, abbiamo addebitato quattro strappi, il più grave dei quali fu l’aver subito le pressioni internazionali per far fuori il governo Berlusconi nel Novembre del 2011, finito con l’insediamento del governo del prof Monti elevato, motu proprio presidenziale,  al laticlavio senatoriale a vita.

E, dopo le elezioni del 2013 che, nonostante il “porcellum”, non espressero una maggioranza politica,  operò il successivo insediamento di altri due governi senza legittimazione democratica, quello di Enrico Letta prima e l’attuale di Matteo Renzi.

Più volte abbiamo sottolineato che, dopo la sentenza della Corte costituzionale sul “porcellum”, si doveva andare a votare per ridare la voce al popolo sovrano e dar vita a un Parlamento e a un’Assemblea Costituente legittimati a governare e a riformare le nostre istituzioni.

Si è preferito, invece, rabberciare un’ibrida maggioranza che, di fatto, si è trasformata in un governo monocolore del PD e, adesso, ci troviamo in presenza, per la prima volta nella storia repubblicana, di un Parlamento chiamato ad eleggere il Presidente della Repubblica, con i tre partiti più rappresentativi, guidati da tre leader esterni al Parlamento stesso: Matteo Renzi, premier e segretario del PD, Silvio Berlusconi, presidente di FI, decaduto dal suo ruolo di senatore e Beppe Grillo, capo effettivo del M5S.

Le domande che ogni persona di buon senso dovrebbe porsi sono le seguenti:

può un Parlamento di “nominati”, eletti con una legge dichiarata incostituzionale, eleggere legittimamente il Capo dello Stato?

Gli atti che saranno conseguenti a questa elezione e che dovranno essere assunti da quello stesso Parlamento e da questo governo che tipo di legittimità potranno assumere?

Berlusconi grida alla dittatura della sinistra e profetizza il suo rientro in campo con l’illusione di rifare Forza Italia. Tra poche settimane sapremo, se e per quanto tempo questa tragicommedia degli equivoci potrà continuare.

Ettore Bonalberti

www.insiemeweb.net

www.alefpopolaritaliani.eu

www.don-chisciotte.net

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