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Cannibali nel Giorno della Memoria

Si celebra in questi giorni il Giorno della Memoria. Ricorrenza internazionale che il 27 gennaio di ogni anno ricorda le vittime dell’Olocausto. E quest’anno abbiamo deciso di seguire uno spettacolo a teatro che ribalta il nostro approccio affrontando uno dei momenti più drammatici della nostra storia con un sarcasmo ed una ironia che ci spiazza. Si può rivivere Auschwitz attraverso una cena di cannibali?

Claudio Rastelli
Claudio Rastelli

La sopravvivenza è anche questo, celebrare la memoria con rispetto nel  melologo Sopravvissuti, liberamente tratto dal lavoro teatrale I cannibali di George Tabori e con la revisione e l’adattamento del testo di Guido Barbieri. Modena ospita la prima esecuzione di questo nuovo lavoro che proseguirà in questo mese per L’Aquila (25) e Ancona (27). Rai Radio 3 è Media partner di questo evento e trasmetterà la replica del concerto indiretta radiofonica dal Teatro delle Muse di Ancona il 27 gennaio. Sopravvissuti è prodotto in collaborazione con Amici della Musica di Modena, Fondazione Teatro Comunale di Modena, Società Aquilana dei Concerti “Barattelli” e nasce da un’idea  di Germano Scurti. La musica, commissionata per l’occasione, è di Claudio Rastelli e gli interpreti sono Elio De Capitani, voce narrante,  Simone Maretti, una voce, Germano Scurti, bayan solista, AdM Ensemble di Modena.

Per descrivere quello che andrete a vedere riporto qui le parole di Guido Barbieri.

Una baracca, ad Auschwitz. Quattro deportati, martoriati dalla fame. All’improvviso uno dei quattro, Puffi, il più grasso, muore. Zio Tabori lo vuole seppellire. Gli altri due no. Nella loro mente si affaccia l’indicibile: mangiare il cadavere, per sopravvivere. Inizia così uno dei testi più neri, scontrosi, irresistibilmente grotteschi del cosiddetto “teatro della Shoah”: si intitola I Cannibali e lo ha scritto nel 1968, “per evitare un esaurimento nervoso”, uno dei maggiori scrittori europei del Novecento, George Tabori. Un uomo che la Shoah l’ha vissuta nella pelle. Nato a Budapest esattamente un secolo fa, nell’anno in cui inizia la Grande Guerra, Gyorgy abbandona l’Ungheria nel 1936 ed emigra a Londra. Suo padre, storico, scrittore e giornalista, rimane in patria, viene catturato dalle SS e deportato ad Auschwitz. Muore su per un camino nel 1944. Ventiquattro anni dopo Tabori deve ancora fare i conti con la piaga del lutto. Nel frattempo è diventato George e ha preso casa a Hollywood: scrive screenplays per film di successo come Io confesso di Hitchcock e Cerimonia segreta di Losey. Eppure la morte del padre scava, continua a scavare. E la sonda penetra in uno strato di roccia dura: il senso di colpa non di chi è sopravvissuto, ma di chi si è fermato sull’orlo dell’inferno. Senza caderci dentro. Così nasce la brutale auto terapia de I Cannibali. Come scrive Giorgio Pressburger “la narrazione di Tabori è spietata; la degradazione, i brandelli di cultura che penzolano dalla bocca di quei prigionieri ridotti a larve, la beffarda ironia tipicamente yiddish che risuona in modo fantomatico, l’assassinio, la violenza tra i prigionieri stessi, la citazione di grandi brani biblici fanno di quest’opera (…), una feroce accusa di tutta la civiltà che ha potuto generare Auschwitz”. Un j’accuse che assume a volte i tratti della disputa teologica, a volte il ritmo sarcastico della “danza macabra”, a volte la smorfia obliqua del ghigno. Il governo dello stile è affidato però all’uso, virtuosistico e sapiente, del cosiddetto V-Effekt, la tecnica brechtiana dello straniamento. E all’improvviso tutto è chiaro: la fame è la fame di Dio, e della sua scandalosa assenza. Il cadavere di Puffi è invece quello, simbolico, di papà Cornelius, che finalmente può essere mangiato, assimilato, digerito. “A mio padre, uomo di scarso appetito”, recita la dedica inscritta in esergo…

http://barattelli.it/eventi/sopravvissuti-per-la-giornata-della-memoria/

 

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