Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Le elezioni del presidente della Repubblica da tempo previste, e comunque molto attese, hanno già un vincitore: il popolare conduttore televisivo Giancarlo Magalli. La cosa, a ben vedere, non è poi di così poco conto. Né la vittoria è così virtuale, come può sembrare.
È arcinoto, infatti, che l’elezione del Presidente della Repubblica Italiana non avviene a suffragio universale ma tramite il Parlamento in seduta comune dei suoi membri, a cui si aggiungono i delegati regionali: tutti impegnati in un gioco ripetuto, il cui spettacolo è garantito dal voto segreto.
Molto (molto) flebile è il legame tra le elezioni e i comuni cittadini, che mai vengono coinvolti o come dire consultati; o meglio mai fino al 2013, quanto il MoVimento 5 Stelle (M5S) conduce delle votazioni online tra i propri iscritti volte a individuare un candidato da proporre all’assemblea parlamentare allargata e ribattezzate “Quirinarie”. L’esito, ricordiamolo, vide l’affermazione della giornalista Milena Gabanelli che rinunciò, emulata dal secondo più votato Gino Strada, lasciando campo libero a Stefano Rodotà, effettivamente votato in Parlamento, e non solo dai parlamentari del M5S.
E lo stesso Rodotà era favorito alle Quirinarie organizzate quest’anno da Il Fatto Quotidiano, in verità un più semplice sondaggio, ma precedente (e fors’anche prodromico) alla nuova consultazione del M5S, che probabilmente aveva l’ambizione di voler (im)porre all’attenzione, almeno dell’opinione pubblica, un candidato autorevole ma al contempo, appunto, popolare.
L’affermazione, o meglio l’incredibile successo, di Magalli ha creato un non poco scompiglio tanto che Il Fatto non ha più chiuso il sondaggio, pur avendo Magalli un incolmabile vantaggio.
Ma davvero il simpatico Giancarlo difetta di autorevolezza? La Costituzione, in verità, non la definisce in alcun modo. Mentre la prassi si è consolidata su figure caratterizzate da lunghe esperienze istituzionali, tutte peraltro debitrici di accordi più o meno machiavellici. Su Magalli, però, che pure nel segreto dei catafalchi allestiti a Montecitorio prenderà (ben più di) qualche voto, non c’è stato alcun patto o intesa ma una più semplice e spontanea convergenza del “popolo del web”. Non solo e non tanto uno scherzo ben riuscito, e neanche l’ennesima dimostrazione di un diffuso malessere antipolitico, ma piuttosto la certificazione che il “popolo del web”, non ha e probabilmente non vuole avere sacerdoti, interpreti o catalizzatori.
Che poi il nostro Giancarlo, votato convintamente anche da chi scrive, possa riscuotere anche consensi nelle piazze e nei mercati è un merito tutto suo, frutto di lustri di impegno televisivo sulla cui bontà e valenza c’è poco da discutere. La stessa simpatia con cui non si è sottratto dal diventare strumento, più che icona di un’iniziativa di protesta, che pure una funzione di pungolo senz’altro l’avrà, ne è l’ennesima riprova.
Magalli quindi ha davvero tutti i titoli per essere un presidente popolare; chi verrà eletto invece Presidente della Repubblica lo potrà, al massimo, diventare.
Dunque, grazie Giancarlo e forza Magalli.