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Dall’Italicum al Quirinale. Tutte le insidie per Renzi e Berlusconi

Articolo pubblicato da La Gazzetta di Parma

Il nuovo anno non ha tempo da perdere e perciò ha deciso di concentrare in un solo mese -questo di gennaio- tutte le insidie della legislatura. Il primo campanello d’allarme per il patto del Nazareno, la singolare intesa tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi sulle riforme-, è cominciato a squillare, quando è andato nell’aula del Senato il testo modificato dell’Italicum, che è la legge elettorale in cammino. Del provvedimento già votato alla Camera è stata abbassata al tre per cento, appena, la soglia di sbarramento per entrare in Parlamento. E alzato non di molto, al quaranta, il tetto della percentuale di consensi oltre il quale le due coalizioni (o due partiti?) più votati dovranno andare al ballottaggio. E poi sono stati mantenuti i capilista nominati, anche se introdotte le preferenze per tutti gli altri, dal secondo candidato in lista in giù. Ce n’è quanto basta, dunque, per solleticare il dissenso -che peraltro si solletica da sé-, di quanti nel Pd e in Forza Italia per i più disparati motivi preferirebbero prendere il testo di mira per colpire, in realtà, i due padri-padroni, come i ribelli proclamati, ma soprattutto invisibili, percepiscono il tandem del Nazareno.

Si sa, un’insidia tira l’altra, e in contemporanea Montecitorio prenderà in esame la riforma costituzionale che il Senato ha già approvato per abolirsi: unico caso di eutanasia istituzionale finora praticato in Italia. Come se non bastasse, il 13 finisce la presidenza italiana del semestre europeo. E un minuto, un giorno o una settimana dopo, comunque presto, Giorgio Napolitano si dimetterà dal Quirinale. Altri quindici giorni per formalizzare l’appuntamento coi mille e otto grandi elettori ed entro la fine del mese potremmo avere il nuovo presidente che regnerà, nella Repubblica, per sette lunghi anni.

Dalla semplice cronologia dei fatti si comprende perché, dall’Italicum al Quirinale, il patto che finora ha retto, vada incontro alla sua prova decisiva e senza rete: in caso di fallimento non c’è più un Napolitano di pronto soccorso. Renzi e Berlusconi dovranno far vedere quanto contano nei rispettivi partiti, e quanto saranno capaci, da separati che stanno insieme, di arginare le incursioni dell’opposizione. Specie dei 5 Stelle, che non hanno alcuna intenzione di restare a guardare. Doppia guerriglia in arrivo, allora, per il duo chiamato dagli eventi a far vedere che c’è: offensiva interna e nascosta, offensiva esterna e dichiarata.

Ma il patto ha bisogno di non apparire un inciucio agli occhi di chi non chiede altro per affossarlo. Questo spiega perché Renzi abbia subito bloccato la riforma del fisco che avrebbe potuto favorire Berlusconi, e perché Berlusconi abbia a sua volta dichiarato che tale contestato decreto attuativo (prevedeva la non punibilità per un’evasione considerata minima in proporzione al reddito imponibile), sia stato ideato, lui inconsapevole, da qualcuno per “mettere in crisi il patto del Nazareno”. Dal che si desume che perfino dentro il governo possano esserci manine ostili alla grande intesa, che può scivolare come su una buccia di banana anche per commi legislativi messi (o scoperti) a sorpresa. Perché il patto regga, soprese non potranno più arrivare, ora che le feste sono finite

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