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John Cantlie, così il reporter britannico è diventato inviato speciale dell’Isis

Notizia di qualche giorno fa, lo Stato Islamico starebbe per aprire la sua emittente televisiva online di “all news h24”. Dopo il magazine di propaganda Dabiq, numerose case di produzione video, come Al Hayat Media Center, la stazione radio Al Bayan che trasmette in diretta da Mosul e una stazione TV satellitare Tawhid con sede in Libia, la capitale dell’autoproclamato califfato amplia la sua già diversificata offerta di canali mediatici lanciando Khilafalive.info. E il one-man-show del canale dovrebbe essere lui, John Cantlie, il giornalista britannico, sequestrato con James Foley a novembre del 2012, che da alcuni mesi è utilizzato dall’Isis come voce ufficiale della loro assurda propaganda.

CANTLIE, IL MEZZOBUSTO TELEVISIVO DELL’ISIS

Dallo scorso anno Cantlie è apparso in numerosi video diffusi dal Califfato in cui faceva commenti critici sulla politica occidentale nei confronti dello Stato islamico e del Medio Oriente in generale, e in due reportage in cui si muoveva nelle strade della città curda di Kobane, nel nord della Siria, e a Mosul. Molte delle sue performance e dei contenuti di cui si è fatto portavoce sono stati ripresi anche dal mensile Dabiq, che gli ha riservato apposite rubriche corredate da foto in primo piano del reporter inglese. Ma a differenza delle prime apparizioni, in cui Cantlie appariva con barba lunga, capelli rasati e camicia arancione, a ricordare i prigionieri di Guantánamo, e sembrava palesemente costretto a pronunciare i discorsi del Califfato tanto da renderli grotteschi, nelle clip più recenti il fotoreporter si presenta con piglio molto professionale e sembra essere perfettamente a suo agio nel magnificare le conquiste territoriali dell’esercito jihadista. Prova, secondo alcuni osservatori, che Cantlie si sarebbe convertito all’Islam.

UN REPORTER AL SERVIZIO DEL POPOLO SIRIANO

Ma chi è John Cantlie? Pronipote di Sir James Cantlie, che nel 1896 è stato determinante nella protezione del famoso rivoluzionario cinese Sun Yat-sen, e nipote del colonnello Kenneth Cantlie autore della più grande locomotiva del dopoguerra in Cina, John, 43 anni, è un giornalista e fotografo di guerra che ha lavorato per molti giornali britannici, tra cui il Sunday Telegraph e il Sunday Times. Un cronista, come lo ha definito suo padre Paul nell’appello lanciato allo Stato Islamico lo scorso ottobre prima di morire: un cronista «che ha sempre cercato di raccontare la sofferenza del popolo siriano, perché il mondo potesse ascoltare e prenderne atto. Come giornalista imparziale e rispettato sapeva che poteva fare la differenza, mettendo a disposizione le sue capacità per il bene dei civili». Nel marzo del 2012, è stato il primo fotografo occidentale a testimoniare in prima persona l’incursione di truppe di terra del governo in una città, quando carri armati T-72 sono entrati in Saraquib (Idlib) bombardando l’intera area.

I DUE RAPIMENTI DI CANTLIE

Cantlie era stato rapito già nel luglio del 2012 con il fotografo olandese Jeroen Oerlemansda da estremisti islamici britannici, mentre cercava di arrivare in Siria attraversando la Turchia. Dopo un tentativo di fuga – durante il quale il giornalista era stato colpito da un’arma da fuoco – i due sono stati liberati dal Free Syrian Army proprio mentre stavano per essere consegnati ad una unità jihadista affiliata ad al Qaeda. Nel novembre dello stesso anno, il processo contro uno dei suoi presunti rapitori – arrestato il mese prima all’aeroporto di Heathrow, in arrivo dall’Egitto –  è stato annullato perché John, che doveva testimoniare durante la seduta, era stato nel frattempo rapito nuovamente. Stavolta con il giornalista James Foley, che sarà poi decapitato dai miliziani dell’Isis, nell’agosto del 2014.

LA SERIE “LEND ME YOUR EARS”

Dopo quasi due anni di silenzio, in cui si è pensato a più riprese che il reporter britannico fosse stato ucciso, il 18 settembre del 2014 Cantlie è apparso in video diventando, suo malgrado, l’ambasciatore mediatico della politica e della cultura folle dello Stato Islamico. Nella serie dei video dal titolo “Lend Me Your Ears”, una serie di monologhi dai 3 agli 8 minuti in cui l’ostaggio riporta le azioni dello Stato Islamico e i futuri obiettivi del gruppo, Cantlie adotta una posizione critico nei confronti della politica estera occidentale, comprese le azioni militari, le dichiarazioni politiche, e la copertura mediatica. Il giornalista attacca in particolare gli Stati Uniti e la politica predisposta per gli ostaggi dal governo britannico, confrontandola con quella di altri paesi europei che negoziano e pagano riscatti. Nel primo dei 7 video della serie, il giornalista appare in camicia arancione seduto davanti a una scrivania e parla con molta calma e determinazione. «Penserete che vi parlo perché sono prigioniero: è vero, il mio destino è nelle mani dello Stato islamico, non ho nulla da perdere. Forse vivrò, forse morirò», spiega nell’introduction di oltre 3 minuti. E accusando i media internazionali di manipolare «la verità», dice «vi dirò cosa muove l’Isis veramente. Vi mostrerò la verità di quello che è avvenuto in questi anni».

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IL CAMBIO DI STILE DEGLI ULTIMI DUE VIDEO

A parte la “saga” “Lend Me Your Ears”, l’Isis ha diffuso altri due video supplementari – “Inside ‘Ayn al Islam (Kobani)” pubblicato il 28 ottobre 2014 e “Inside Mosul” del 3 gennaio 2015 – che vedono sempre John Cantlie vestire i panni di inviato speciale del Califfato. Stavolta, però, l’approccio è differente. Molto più consapevole e disinvolto: Cantlie appare come un giornalista occidentale a tutti gli effetti e non come un ostaggio. In entrambi i video, il britannico ha iniziato a realizzare dei veri e propri reportage dalle aree di conflitto, come Kobane, o dalle città più importanti, come Mosul spostandosi in moto, indossando abiti civili e muovendosi con una certa sicurezza. Nonostante questo cambiamento abbia spinto molti a pensare che il reporter abbia abbracciato l’Islam, Cantlie è pur sempre un prigioniero dell’Isis e come tale parla sotto costrizione. Sua sorella, Jessica Cantlie, in un’intervista rilasciata nel mese di ottobre al Sunday Times ha affermato che John «pensa due terzi» di quello che dice nel primo video perché «sa di essere un prigioniero ma si sente abbandonato dal governo britannico».

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IL PUNTO DI VISTA DELL’INTERNATIONAL NEWS SAFETY INSTITUTE

«Ho conosciuto John Cantlie nel 2012, durante un incontro sulla sicurezza dei giornalisti – spiega Hannah Storm, direttore dell’International News Safety Institute -.Sono rimasta impressionata dalla crudezza delle foto che mi ha mostrato in quell’occasione ma anche dalla partecipazione con cui mi ha spiegato che i reporter hanno bisogno di un sistema di sicurezza su cui poter contare. Adesso è paradossale e incredibilmente triste parlare del modo in cui possiamo proteggere freelence con lui». Analizzando la strategia messa in atto dall’Isis dice: «Video come quelli che vedono protagonista Cantlie sono nient’altro che tentativi terribili dei miliziani di intimidire giornalisti che come lui corrono rischi estremi per documentare realtà difficili e poco conosciute come quelle siriane, dove ci sono storie scomode che vanno raccontate». «Finché i suoi sequestratori lo useranno come una pedina per la loro propaganda, continueranno a far passare il messaggio che i giornalisti possono essere manipolati a loro piacimento» spiega Hannah Storm. Perché «per i detrattori dei giornalisti non è più sufficiente uccidere “i messaggeri” giacché adesso questi diventano i canali di diffusione degli spregevoli messaggi di qualcun altro».

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