Alla fine il convegno promosso e organizzato dalla Regione Lombardia “Difendere la famiglia per difendere la comunità”, accusato dai grandi media di essere “omofobo” (soprattutto da Repubblica e Corriere della sera) ha avuto luogo ed ha visto un successo di pubblico. Le oltre duemila persone che vi hanno preso parte sabato scorso a Milano, hanno infatti potuto ascoltare tutti interventi basati unicamente sulla centralità politica e sociale della famiglia fondata sul matrimonio, sulla sua bellezza e sull’importanza anche economica che ha questa “cellula fondamentale della società” per il futuro della nazione italiana.
IL “CONTRO-EVENTO” DEI LGBT
Fuori da Palazzo Lombardia, è stato organizzato un “contro-evento”, da parte di un gruppo di attivisti Lgbt e, un 22enne, è addirittura salito sul palco a sorpresa per cercare di disturbare il convegno. E’ stato cacciato dalla sala dalla sicurezza ma, anche in questo caso, i media hanno dato un grande risalto, e negativo, esclusivamente agli organizzatori e protagonisti del convegno pro-famiglia (cfr. ad es. Manuela Messina, Milano, proteste al convegno sulla famiglia, su La Stampa, 17 gennaio 2015). Il direttore de “La Croce” Mario Adinolfi, che è stato testimone diretto dell’evento, l’ha definito invece una “imboscata”. «La trappola – ha scritto in un editoriale uscito il giorno dopo sul nuovo quotidiano – è stata fatta scattare dopo il mio intervento. Un ragazzo che si era fatto accreditare da un europarlamentare è salito sul palco e per una cinquantina di secondi si è messo a contestarci le famose “teorie riparative” a cui nessuno sul palco aveva neanche lontanamente fatto cenno e a chiederci se sapevamo se i nostri figli erano omosessuali. Una brutale, premeditata e cattiva provocazione costruita ad arte per avere i trenta secondi da mandare in rete e sui telegiornali e nella puntata di mercoledì de le Iene. Ma davvero è stata una festa troppo bella, la nostra, per attardarci a discutere di questo episodio programmato a tavolino. Non mi ha sorpreso, avevo avvertito che avrebbero provato a salire sul palco, conosco bene le tecniche di disturbo che vengono messe in atto in queste occasioni. La risposta migliore l’ha data un’anziana signora dal pubblico, giustamente irritato: “Noi mai e poi mai andremmo a disturbare un convegno di persone che non hanno le nostre idee”. Basta, non c’è da aggiungere altro» (Mario Adinolfi, Per la famiglia si paga prezzo, in La Croce quotidiano, 18 gennaio 2015)
«Se il tema dell’Expo è nutrire il pianeta, allora noi siamo qui per nutrire i nostri valori», ha esordito nel suo saluto il presidente lombardo Roberto Maroni, il quale ha concluso così l’evento “Difendere la famiglia per difendere la comunità”. Per nulla spaventato dai «quattro pirla» che hanno accusato il convegno di “omofobia” e hanno criticato l’accostamento del logo Expo, l’esponente leghista ha infine rilanciato che ci sarà un altro evento simile, «stavolta durante l’esposizione universale».
Adinolfi ha quindi concluso il suo intervento con un giudizio deciso sulla stepchild adoption, definita unicamente come un modo per «ratificare le leggi sull’utero in affitto». E al grido di battaglia «di mamma ce n’è una sola, di papà ce n’è uno solo» ha finito per citare le storture e drammatiche vicende dell’adozione di “Zac” da parte di Elton John e compagno.
“MOSTRI” A MILANO?
Fra le associazioni che hanno fortemente voluto e proposto il convegno al Presidente Maroni, spicca anzitutto Obiettivo-Chaire che, nei giorni scorsi, ha subito per questo una campagna mediatica fondata sull’accusa di volere imporre la “cura dei gay”. Tale realtà privata che unisce professionisti e volontari di diversa estrazione è, invece, almeno in Italia, fra quelle che negli ultimi anni hanno più «imparato a mettere in pratica quanto insegna la Chiesa cattolica e cioè che gli omosessuali vanno accompagnati, aiutati, rispettati e amati come persone, indipendentemente dal loro orientamento sessuale e dall’eventuale disagio che potrebbero provare» (MARCO INVERNIZZI, Dopo il Convegno, “avanti tutta!”, in Newsletter di Alleanza Cattolica in Milano, n. 162, gennaio 2015).
Moderati dal direttore del settimanale Tempi Luigi Amicone, le relazioni del sociologo Massimo Introvigne, dei giornalisti Costanza Miriano e Mario Adinolfi, del sacerdote oratoriano padre Maurizio Botta e dello psicologo e psicoterapeuta Marco Scicchitano, hanno quindi cercato di argomentare il perché sia improponibile l’equiparazione della famiglia fondata sul matrimonio fra uomo e donna a qualsiasi altra forma di convivenza, che siano le “unioni civili omosessuali” oggi o quelle poligamiche domani.
Il presidente del comitato Sì alla famiglia e reggente nazionale vicario di Alleanza Cattolica, Massimo Introvigne, ha esordito denunciando la «colossale mistificazione che ha trasformato un convegno sulla famiglia in una sorta di clinica degli orrori dove si accusano gli omosessuali di essere malati e se ne organizza a forza la cura» (MASSIMO INTROVIGNE, Difendere la famiglia per difendere la comunità, in ACList, n. 3/2015, Roma, 17 gennaio 2015)
LE “QUATTRO TESI” PRO-FAMIGLIA
Introvigne ha quindi illustrato le “quattro tesi” che permettono di riconoscere alla famiglia naturale, come ha ribadito Papa Francesco nel suo discorso al Movimento di Schoenstatt (25 ottobre 2014), di essere «il motore del mondo e della storia».
In un Paese come il nostro che è tra i primi posti nelle classifiche sul debito pubblico e sulla corruzione, sul cattivo funzionamento della scuola e sulla criminalità, il «tenore di vita e la nostra economia, pure aggredite dalla crisi, rimangono tra le prime dieci al mondo. Com’è possibile questo? È la nostra fortuna, il famoso stellone d’Italia? No, c’è una spiegazione. Finora ci ha salvato la famiglia. Il debito pubblico mostruoso è stato compensato dal credito privato, cioè dal risparmio di tante famiglie, e la famiglia si è fatta carico delle inefficienze dello Stato, tanto spesso assistendo in casa i suoi anziani e curando i suoi malati».
Oltre al ruolo di “ammortizzatore” (o “paracadute”) sociale, quello di cui si parla nella “seconda tesi”, riguarda la famiglia come unica e sicura fonte di rinnovamento della natalità. Infatti, sempre citando il discorso di Papa Bergoglio al Movimento di Schoenstatt, il sociologo ha ricordato che «le donne sposate fanno più figli di quelle non sposate. Negli Stati Uniti il governo tiene serie statistiche da cento anni, e il dato è fra i più sicuri che conosca. Non perché siano fatte diversamente dalle donne non sposate, ma perché la stabilità del matrimonio aiuta a resistere alle sirene del “non conviene fare figli” e dell’aborto».
La “terza tesi” è tratta addirittura dai dati della Banca Mondiale, i quali illustrano che le famiglie italiane, calcolando tutte le forme di imposte dirette e indirette, «hanno pagato in media negli ultimi cinque anni al fisco il 67% del loro reddito, contro il 46% degli Stati Uniti e della Germania e il 25% della Svizzera. Il nostro fisco è quello meno a misura di famiglia di tutta l’Europa Occidentale. Non vinciamo più i campionati del mondo di calcio, ma quelli per il fisco più vorace è più ostile alle famiglie sì». Quindi famiglia come “azionista di maggioranza” dello Stato italiano.
Infine la “quarta tesi”, anch’essa “bergogliana Doc”: solo la famiglia naturale è garanzia di una educazione equilibrata ed efficace. Ricevendo l’11 aprile 2014 i componenti dell’Ufficio Internazionale Cattolico dell’Infanzia, infatti, Papa Francesco ha affermato che «occorre ribadire il diritto dei bambini a crescere in una famiglia, con un papà e una mamma capaci di creare un ambiente idoneo al loro sviluppo e alla loro maturazione affettiva. Continuando a maturare in relazione alla mascolinità e alla femminilità di un padre e di una madre».
Introvigne ha quindi concluso il suo intervento lanciando ufficialmente la proposta del comitato “Sì alla famiglia” di riconoscere i diritti e i doveri che nascono dalla convivenze, nel rispetto delle persone conviventi omosessuali e non.
UNA PROPOSTA ALTERNATIVA SUI DIRITTI DEI CONVIVENTI
Il comitato diretto dal sociologo torinese, che rappresenta un “cartello” di associazioni cattoliche, evangeliche e laiche, aveva infatti presentato a Roma, il giorno prima del convegno, un “testo unico” sui diritti dei componenti di una convivenza. Il testo, composto da 8 capi e 33 articoli, ha il pregio di elencare, con alcune norme di raccordo, quanto l’ordinamento italiano già prevede, esplicitamente o implicitamente, in tema di diritti dei conviventi. «Tra questi – ha spiegato Introvigne – l’assistenza in qualunque struttura sanitaria del convivente nei confronti del proprio partner, norme di parificazione del convivente al coniuge in tema di assistenza da parte dei consultori, di interdizione e inabilitazione, di successione nella locazione e nell’assegnazione di un alloggio popolare. Il testo ribadisce che il partner di fatto ha titolo, a determinate condizioni, al risarcimento del danno subito dall’altro partner e all’indennizzo che spetta al partner vittima di delitti di mafia o di terrorismo. Tutto questo per le convivenze tra persone sia di sesso diverso, sia dello stesso sesso» (Dal comitato “Sì alla famiglia una proposta alternativa sui diritti dei conviventi, in ACList, n. 2/2015, Roma, 16-1-2015).
Il “testo unico sui conviventi” che, completo di relazione, è consultabile sul sito www.siallafamiglia.it, come ha affermato concludendo Introvigne la sua presentazione romana a politici di diversi partiti, «permetterà ai parlamentari di schierarsi e agli elettori di comprendere le loro posizioni. Chi vuole il “matrimonio” omosessuale, completo di adozioni subito o tra qualche anno, potrà votare le unioni civili della Cirinnà o di Renzi. Chi vuole ribadire che ai conviventi, dello stesso sesso o di sessi diversi, sono riconosciuti i diritti e i doveri relativi alla sanità, alle carceri, alla locazione, ai risarcimenti, ma vuole chiudere la porta al “matrimonio” e alle adozioni, ora ha un testo su cui convergere».