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Fisco e Quirinale, è giunto il momento del coraggio

centrodestra

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Anche se vecchi amici mi ricordano come la sostanza della politica sia “golpe” + “lione” – cioè avere la forza (il leone) ma saper usare anche la furbizia (la volpe)- a me sembra che oggi la quantità di “golpe” usata in Italia sia andata oltre il limite massimo sopportabile da una grande nazione. Se ci si guarda indietro questo è vero per l’antico centrodestra dove il “dilettante” Silvio Berlusconi ha sempre preferito la manovra tattica a un’articolata strategia che non poteva non “pensare” anche la riforma di uno Stato entrato in crisi nella sua Costituzione. Ma al vecchio Silvio molto perdono perché quasi sempre ha agito in condizioni di emergenza. Troppo imperdonabilmente “furbo”, anche se nella dissimulata forma della “saggezza dialogante”, è stato piuttosto il presidente Giorgio Napolitano al quale molto si deve della situazione sfibrata del nostro attuale quadro politico: paralizzato come nota con acume Angelo Panebianco anche da una crisi “procurata” dell’opposizione che squilibra tutto il sistema.
E troppo furbo ci appare “il nuovo in politica” cioè Matteo Renzi con la sua tendenza a sostituire il pensiero con uno slogan ogni volta che si arriva a un momento decisivo.

Pur quindi attenti a chi mi ricorda che un po’ di volpe serve e servirà sempre, sono convinta che oggi sia il momento di decisioni leonine: alcune questioni vanno prese di petto consapevoli che si è più o meno esaurita la possibilità di prendere in giro i cittadini.
Vediamo dunque alcune di codeste questioni su cui è indispensabile agire “leoninamente”.
Prendiamo quella più attuale: la presidenza della Repubblica. Noi abbiamo due problemi in ballo: la prima è ridare centralità alla sovranità popolare. In tutte le aree del mondo (con la parziale eccezione nostra e di poche altre democrazie) uno Stato liberale mantiene la sua sovranità se si fonda sul “voto”, se la sua guida non è determinata da un sistema di commissariamento dall’alto, da un mix tra insopportabili influenze straniere e peso eccessivamente esorbitante di vari apparati statali.
Però prendere atto di questa esigenza nazionale leoninamente significa anche inquadrarla nella situazione presente quella della crisi delle istituzioni europee con annessa deriva della moneta unica.

La figura presidenziale nuova deve avere dunque una duplice caratteristica: essere aliena da quei giochi di condizionamenti interni (e di subalternità esterne) che hanno contrassegnato tutti i vertici quirinalizi della Seconda repubblica ed essere insieme un efficace ambasciatore delle ragioni dell’Italia nelle prossima inevitabile discussione sugli assetti continentali. No dunque a vecchi volponi, no a fanatici del culto del “vincolo esterno” ma no anche a inesperti di questioni e di relazioni economiche che non aiuterebbero Roma nel caos prossimo venturo.
Ragionando “leoninamente” sulle esigenze di fondo della nazione e non sulle manovrette delle varie nomenklature e dei centrini di potere del nostro residuo establishment, la soluzione sarà meno complicata di quel che fa intravedere lo stato attuale di veleni circolanti.

Non posso non sottolineare anche quanto sarebbe stato utile avere fatto a meno dell’eccesso di furbizia somministrato in tutta la vicenda delle depenelizzazioni dei minori reati fiscali: in mezzo a una bufera il nocchiero deve spiegare bene quale è la rotta. E’ evidente come ci sia bisogno di pacificazione tra cittadini, imprese e fisco: come anche nuove severità non possano non fondarsi su uno Stato che abbia con i suoi “proprietari” (quelli che votano e pagano le tasse) un rapporto trasparente, rapporto che anche un’amministrazione (di cui fa parte anche la giustizia) separata quando non contrapposta alla sovranità nazionale non garantisce.

Per questo non mi scandalizzano le depenelizzazioni (neanche quelle clamorosamente denunciate dai soliti giustizialisti per il caso Ilva che se non risolto darà una botta tremenda alla nostra economia). Ma queste scelte vanno illustrate e rivendicate non introdotte di notte come i ladri di Pisa. Mi pare che Renzi alla fine si sia deciso a difendere a viso aperto un’impostazione assunta, in una prima fase, di soppiatto. Però oggi è il momento del coraggio “all’inizio” e non “alla fine”.
E vengo al terreno che più mi compete per i miei diretti impegni: quello delle elezioni regionali.

Anche in questo caso siamo in presenza di una grande stagione di volpacchiotti: quelli che vogliono usare le regioni per misurare la propria forza di partito o di nomenklatura, quelli che partecipano a una sorta di festival del voto di scambio (io sindaco di centrodestra ti voto se tu politico di centrosinistra poi mi aiuterai –o mi hai già aiutato; io imprenditore moderato mi butto sull’estrema sinistra perché il centrosinistra più moderato mi ha tagliato i fondi), e poi quelli che usano le condizioni deplorevoli del quadro politico testé illustrato, per mantenere la sorte di regimetto che ha condizionato per esempio una regione come la mia, la Liguria.

Tanti auguri, cari volpacchiotti, perché la strada che state imboccando ci conduce direttamente alla rovina come dimostra una regione come l’Emilia passata da regina della partecipazione a un livello di votanti sotto il 40 % degli aventi diritto; questa è la via dei cento, mille Mose, delle cento mille alluvioni esasperate dalle inefficienze lucrose, delle cento mille cooperative alla Buzzi. La via di uno Stato che perderà ogni sua vitalità proprio nel momento della durissima prova con l’egemonia tedesca sul Continente e che non potrà essere sostituito dal sindaco d’Italia che un giorno decide sui vigili romani e quello dopo su viadotto siciliano: l’omino delle provvidenzine.

Il momento leonino richiede capacità di agire e subito anche per un appuntamento “noioso” come quello delle regionali, vincendo la pigrizia da nomenklature di rimandare tutto a dopo l’elezione del presidente della Repubblica, Come dicevano i romani? Hic Rhodus, hic salta. Il momento è “adesso”: e ora bisogna portare la propria piccola pietruzza per ricostruire lo Stato. Cioè, nel caso, una scelta seria per battere il regimetto ligure di Claudio Burlando ed eredi.



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