Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo il commento di Pierluigi Magnaschi, apparso su Italia Oggi.
Il presidente francese, François Hollande, non ne imbrocca mai una. E infatti i suoi elettori transalpini, che due anni e mezzo fa gli avevano dato più del 50% dei voti, adesso hanno cambiato vertiginosamente parere sul suo conto. Infatti, in base agli ultimi sondaggi, solo il 13% dei francesi oggi rivoterebbe Hollande. Nessuno leader politico, nell’intera storia del mondo civile, è mai precipitato non solo così in basso ma anche così tanto in fretta.
Comportandosi come i bambini piccoli che, mettendo la testa sotto il tavolo, credono di non essere visti anche se fanno vedere il sederotto ai familiari, Hollande ha preso al balzo la palla dell’attentato a Charlie Hebdo e quello al supermercato kosher di Parigi per chiedere che la frontiere infracomunitarie vengano ripristinate per impedire, dice lui, che i terroristi islamici possano «scorrazzare senza controlli» all’interno dell’Unione europea e quindi anche all’interno della Francia, che in effetti è l’unica cosa che gli interessi.
Nel fare questa affermazione, Hollande non ha tenuto conto che tutti i terroristi delle stragi in Francia erano francesi alla terza generazione. Pertanto, se anche fossero state sigillate le frontiere interne fra i Paesi dell’Unione europea, oggi reclamate a gran voce da Hollande, i terroristi (essendo legittimamente francesi) avrebbero potuto compiere gli stessi attentati che poi hanno realizzato. Sarebbe stato meglio che Hollande non avesse gettato all’aria i servizi di intelligence francesi per motivi esclusivamente politici, allontanandone i suoi dirigenti più preparati, per de-sarkosizzarli precipitosamente, ma anche rovinosamente.
Non solo, se Hollande, ripristinando le frontiere interne alla Ue, voleva impedire che i terroristi se ne andassero verso i campi di addestramento e battaglia, in Siria o in Yemen (dove, in effetti, essi sono stati), il ripristino dei confini interni non sarebbe servito nemmeno in questo caso, visto che per andare (o tornare) da Paesi esterni alla Ue l’abbattimento delle frontiere interne operato da Schengen non serve a niente, dato che, nei rapporti extracomunitari, i confini non solo esistono ma sono anche (o dovrebbero essere) ben presidiati. E se la Francia non presidia i suoi (anche per conto degli altri Paesi Ue) la colpa è solo sua e non certo del Trattato di Schengen che, da questo punto di vista, funziona molto meglio dell’euro, se si vuol fare un esempio.
Toccare Schengen significa togliere all’Unione europea un simbolo prezioso e delicatissimo che non può essere contraddetto, se non facendo regredire l’immagine stessa della Ue. Firmando questo accordo, infatti, i Paesi aderenti alla Unione europea hanno accettato che, all’interno del Vecchio continente, ci fosse non solo la libera circolazione dei capitali (successivamente facilitata anche dall’euro) ma anche la libera circolazione delle persone. Che è anche politicamente più preziosa. Il Trattato di Schengen è stato così attento alla simbologia unitaria che esso rappresentava, da prevedere che non fosse possibile (sulla vecchia linea di confine) nessuno tipo di controllo, né doganale, né di polizia. Avendo Schengen dissolto i confini intracomunitari, dei precedenti simboli di confine, non doveva restare più nulla. E per togliere alibi a coloro (come molti francesi) che ai confini (e ai loro simboli) tenevano e volevano farli rientrare dalla finestra dopo averli espulsi dalla porta, Schengen consente alle polizie dei Paesi europei confinanti il diritto di inseguire eventuali malviventi anche sul territorio del Paese vicino che, dopo il Trattato di Schengen, non è più considerato un territorio straniero ma un territorio della stessa Comunità.
Ovviamente Schengen, essendo, come ho detto, un trattato costruito bene, prevede anche delle clausole straordinarie di salvaguardia temporanea, che consentono, per situazioni di tipo eccezionale, la chiusura transitoria delle frontiere. Questa norma, definita «eccezionale» fin dall’inizio, era stata concepita per tacitare coloro che, vedovi delle loro nazioni, si erano allarmati.
Come mai la Francia invoca adesso l’abolizione di Schengen? Per un mero interesse nazionalistico e miserevole. Infatti molti dei clandestini sbarcati sulle nostre coste, poi decidono, una volta approdati da noi e non respinti, di andare legittimamente in Francia dove hanno relazioni familiari a loro utili per cercare di inserirsi meglio. La Francia quindi, da una parte rifiuta di mobilitare l’Europa per limitare (o prevenire) gli sbarchi sulle coste italiane. Ma, una volta che gli sbarchi sono avvenuti, vorrebbe sigillare gli immigrati in Italia, bloccando tutti, al passo ferroviario di Ventimiglia-Mentone che è il più usato per raggiungere la Francia.
Insomma, Hollande rifiuta di appoggiare una politica unitaria europea sugli sbarchi e poi vorrebbe che gli immigrati se li tenesse solo l’Italia. E questa squallida operazione viene proposta da Hollande senza che nessun media o politico italiano rilevi e denunci la squallida macchinazione francese ordita da un presidente che chiede la solidarietà degli altri Paesi europei ma che a sua volta, la nega ai Paesi che si sono schierati al suo fianco. Una strana idea dell’Europa e della solidarietà comunitaria, questa di Hollande.