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I nuovi diritti visti da Papa Francesco

La percezione delle difficoltà che oggi caratterizzano l’Europa è tanto diffusa da essere divenuta opinione comune. Sembra smarrito lo slancio ideale che aveva caratterizzato la nascita e il successo delle istituzioni comunitarie, le quali dopo la tragica esperienza di due conflitti mondiali hanno assicurato la pace e lo sviluppo economico, in un contesto di solidarietà tra nazioni e popoli diversi.

La crisi economica e finanziaria ha avuto ricadute sociali non sempre avvertite, e ha colpito duramente ampie fasce delle popolazioni, se non interi Paesi. Per molti giovani manca la prospettiva di un lavoro dignitoso, sul quale fondare un programma di vita e dare sicurezza alla costituzione di una nuova famiglia.
I dati economici, a lungo contrassegnati da evidenze negative, sono quelli che richiamano la maggiore attenzione e sono oggetto di un costante monitoraggio, ma non meno rilevanti sono i fattori culturali. Appare preoccupante, pur se meno immediatamente percepibile, il logoramento di valori condivisi, che hanno caratterizzato l’affermazione e la crescita delle Comunità e dell’Unione europea.

Un’Europa ripiegata su se stessa rischia di perdere lo slancio delle istituzioni e la fiducia dei cittadini.
A questa Europa si è rivolto papa Francesco, con il discorso tenuto al Parlamento europeo riunito a Strasburgo il 25 novembre, che ne ha ascoltato la parola con unanime rispetto e pressoché generale condivisione.
É un messaggio di speranza e di incoraggiamento rivolto alle istituzioni, ma indirizzato anche a tutti i cittadini europei. Tocca dunque da vicino ciascuno di noi e invita ciascuno a riflettere, per cogliere quanto può orientare la propria azione nella società e nelle o per le istituzioni. Dunque un discorso da non rinchiudere nella cronaca di un avvenimento che fa notizia, ma rimane privo di sostanziale incidenza. Né da leggere con superficiale attenzione, per scorrerne il testo e dimenticarne il contenuto.

Il primo e fondamentale passaggio è colto nell’idea che aveva ispirato quello che è stato definito ambizioso progetto politico dei Padri fondatori dell’Unione europea: la fiducia nell’uomo in quanto persona dotata di una dignità trascendente. Questa espressione vuol dare rinnovata sostanza alla dignità della persona umana, unica e irripetibile. La titolarità dei diritti umani trova fondamento in questa idea di persona, che racchiude un valore assoluto e una dimensione relazionale. L’apertura al trascendente consente di impiantare su solide basi la centralità della persona umana altrimenti in balia delle mode e dei poteri del momento.

Una particolare sottolineatura coglie un rischio che la persona corre nell’attuale contesto di crisi: possiede diritti inalienabili di cui non può essere privata ad arbitrio di alcuno e tanto meno di interessi economici. Una finestra sulla necessaria umanizzazione dell’economia, che si direbbe in singolare consonanza con quanto prevede la nostra Costituzione all’articolo 41: l’iniziativa economica è libera, ma non può svolgersi in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

Egualmente significativa l’avvertenza dell’equivoco che può nascere da un possibile fraintendimento del concetto di diritti umani e da un loro paradossale abuso.
Talvolta l’elenco di nuovi diritti, che pretendono la qualifica di fondamentali, manifesta una concezione relativistica, che finisce con l’affidare la consistenza di questa categoria di diritti innati e inviolabili al consenso sociale e all’opinione che su di essi si forma come appunto fondamentali. Privati della loro radicale consistenza, ancorata alla dignità trascendente della persona, la categoria dei diritti fondamentali diviene l’approdo di pretese soggettive suscettibili di mutevoli orientamenti, sino ad assumere, tutti, una fragile consistenza.

Il discorso di papa Francesco non è orientato a offrire un astratto impianto concettuale. In ogni passaggio è presente l’esperienza della concreta condizione della persona, condizioni di reale povertà: chi è escluso, abbandonato nella solitudine, anziano, malato, giovane privo di punti di riferimento e di opportunità per il futuro. Sino a toccare per evidente contrasto, gli stili di vita un po’ egoisti, caratterizzati da un’opulenza ormai insostenibile e spesso indifferente nei confronti del mondo circostante, sopratutto dei più poveri.
Affiora l’idea di solidarietà economica e sociale che la nostra costituzione enuncia tra i principi fondamentali come dovere inderogabile, e costituisce l’altra e ineliminabile faccia dei diritti inviolabili.

Non manca un richiamo puntuale ai principi di solidarietà e sussidiarietà, che hanno costituito un elemento essenziale dell’architettura europea. Ma ancor più specifico l’invito a mantenere viva la democrazia, evitando concezioni omologanti che depotenziano il ricco contrasto, fecondo e costruttivo, delle organizzazioni e dei partiti politici tra di loro. Un richiamo che prende sostanza con il riferimento alla forza politica espressiva dei popoli, che rischia di essere rimossa davanti alla pressione di interessi multinazionali non universali, e di un potere finanziario al servizio di imperi sconosciuti. Mantenere viva la democrazia: viene dato un fondamento etico a un compito proprio della politica.

Non mancano altre e puntuali indicazioni su temi più consueti: l’impegno per la famiglia, per le istituzioni educative, per il lavoro. Un impegno necessario perché i giovani possano guardare al futuro con speranza, piuttosto che con disillusione; come pure il sostegno all’ecologia, quale espressione della cura del creato.
Quel che colpisce è il tono complessivo, di fiducia e di concreto incoraggiamento per un operoso impegno delle istituzioni e dei cittadini, ai quali tutti, appunto, è rivolto questo messaggio.

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