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Il Presidente del “partito che non c’è”

Il dopo Napolitano è iniziato. L’Italia torna in mare aperto, in balia dei voti segreti e dei franchi tiratori nel momento forse più delicato: a processo riformatore avviato ma ben lungi dall’essere completato e con un tessuto socio-economico fortemente provato da una crisi che morde ancora parecchio.

Ciononostante il 2013 sembra lontano anni luce. Il PD, allora in piena rottamazione, ha una guida solida, certa e autorevole. Del Grillo rampante non vi è più traccia. Berlusconi è costretto in panchina e la Lega, allora sommersa dagli scandali, veleggia verso la leadership del centrodestra.

L’elezione del nuovo presidente, quindi, s’insinua in un contesto nuovo, certamente più sereno, ma non meno problematico da interpretare ancor prima che da gestire.

Come sempre, tutto si giocherà al centro tra PD, Fi e Area Popolare. In una sorta di equilibrio interno al partito che non c’è.

Il prossimo Presidente dovrà essere cattolico, riformista, bene attrezzato politicamente, assai scaltro istituzionalmente, autorevole -all’occorrenza autoritario- con la magistratura e, possibilmente, ben visto in Europa.

Identikit «a la carte» che potrebbe stimolare appetiti nella maggiorana. In fondo il PD ha già molto (se non tutto): Presidente del Consiglio, presidenti delle Camere, Presidente del CSM, ecc. E Forza Italia non sembra disporre della forza necessaria ad imporre candidature o vedi di sorta.

Resta il cuore del partito che non c’è. Quei 115-120 voti centristi che potrebbero fare la differenza e regalare a Renzi un’altra innegabile vittoria.

Che, alla fine delle stanche contese di rito, dei caminetti, delle cene, il nuovo presidente possa venire dal “mondo di mezzo” è una possibilità tutt’altro che remota.

Del resto NCD e UDC -oggi riuniti nel nuovo progetto ponte verso il partito che non c’è- annoverano tra le proprie fila personalità assai titolate (ex-Presidenti di Camera e Senato, Ministri ed Ex-Ministri, Vicepresidenti di CSM ecc.) con «esperienza» da vendere.

Campioni ma -e questo sembra essere il vero limite- solisti. Mentre l’«ambiente» richiede maestri d’orchestra scaltri, raffinati, discreti e tempestivi.

La partita è solo all’inizio. Tutto dipenderà dall’abilità di intonare la melodia giusta al momento opportuno con un solista capace di un acuto corale.

 


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