Memoria è parola ben diversa da ricordo. Il ricordo è di un momento, la memoria permane nel tempo. Fare memoria non è quindi la semplice celebrazione di un evento, bello o doloroso, ma l’impegno a rendere presente nella propria vita quotidiana quanto l’evento ci richiama. Siamo invece ancora oggi di fronte ad una giornata della memoria della Shoah che, purtroppo, si riduce quasi sempre a una serie di iniziative formali, magari dense di retorica ma superficiali. E c’è anche di peggio: spesso questa giornata diventa strumentale a questa o quella visione ideologica o politica, viene piegata a destra e sinistra, sopra o sotto, a quanto ciascuno vuole farle dire.
Contro ogni riduzione ideologica e di fronte al sacrificio di un intero popolo, fare memoria ci impone una riflessione più onesta e profonda. Il popolo di Israele è sempre stato, ed è ancora oggi, segno di una profonda coscienza identitaria che non accetta di essere espropriata, ridotta, annullata. Dentro questa identità si radica e si alimenta la vera memoria della Shoah, di fronte alla quale occorre porsi con ammirazione e rispetto.
Un Occidente pigro e smemorato ha ormai deciso invece di rinunciare alle proprie identità, fin dalla decisione europea di non citare le proprie radici giudaico-cristiane nella Costituzione europea. Scelta giustificata in nome di una presunta neutralità, con la pretesa di stabilire regole universali, un’idea generalmente tradotta con parole del tipo “non possiamo offendere nessuno”. Ma il fallimento del modello multiculturale, con i conseguenti gravi rischi per la convivenza internazionale, è drammaticamente dimostrato dai fatti accaduti nel mondo negli ultimi mesi. Sfortunatamente l’Europa sembra accorgersi di questo solo quando viene colpita da fatti drammatici come i quelli di Parigi. Per non rendere vana la grande lezione del sacrificio degli ebrei, e contro ogni buonismo semplicista, oggi siamo chiamati a lottare contro tutte le forme di totalitarismo, che dividono l’umanità in buoni e cattivi, in puri e impuri, come è accaduto con Hitler (ma anche con Stalin) e come sta accadendo con il Califfato islamico.
Per fare questo l’Occidente non può limitarsi a stare alla finestra osservando con noncuranza le continue esplosioni che avvengono nella polveriera medio orientale, ma deve sostenere attivamente lo sforzo quotidiano di chi, come Israele, difendendo la propria esistenza e il proprio diritto alla sicurezza, difende la libertà e la sicurezza di tutti. Anche sul terreno del conflitto tra Israele e Palestina bisogna quindi che l’Europa e l’intero mondo occidentale si assumano il faticoso impegno di rilanciare i dialoghi di pace, non imboccando facili ma inefficaci – se non dannose – scorciatoie quali i riconoscimenti unilaterali di un ancora inesistente Stato palestinese. Atti che servono più a mettere a posto la coscienza di chi li assume che non a contribuire alla soluzione reale dei problemi. La stessa causa palestinese potrà essere aiutata solo con una grande azione internazionale di sostegno alla sicurezza nell’intero quadrante medio orientale, e in questo senso sarebbe a questo punto necessaria una grande conferenza internazionale sulla sicurezza, che metta al tavolo le diverse organizzazioni, che spesso si muovono indipendentemente tra loro.
Facciamo dunque memoria vera della Shoah, rinnovando oggi la nostra ammirazione, la nostra gratitudine e il nostro convinto sostegno al popolo israeliano per quanto ha rappresentato e continua a rappresentare per il mondo intero, anche attraverso la sua azione di baluardo contro il terrorismo jihadista e il fondamentalismo islamico proprio nel cuore del Medio Oriente. Difendere l’esistenza di Israele e il suo diritto alla sicurezza, contro ogni forma, antica e nuova, di antisemitismo significa oggi fare memoria della Shoah, rendendo onore ai milioni di ebrei che, in nome della propria identità, sono stati immolati sull’altare della follia umana. E significa difendere la libertà di tutti e di ciascuno.
Il resto è solo inutile retorica.
Paolo Alli (Ncd) è componente della commissione Affari esteri e vicepresidente dell’Assemblea parlamentare della Nato