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Così Kpmg plaude (con Ichino) al Jobs Act di Renzi (e Ichino)

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Cresce l’attesa per gli effetti del Jobs Act. Secondo un sondaggio condotto da Ipsos, su mandato del colosso della revisione contabile e della consulenza di Kpmg, in collaborazione con lo studio legale Ichino&Brugnatelli, la riforma del lavoro varata dal governo Renzi, “avrà un effetto positivo sull’occupazione” per il 67% delle aziende intervistate.

GLI IMPATTI POSITIVI

L’87% ritiene che “aumenterà la flessibilità” e l’84% che “l’inserimento dei giovani verrà reso più semplice” e senza avere “effetti negativi in termini di aumento dei licenziamenti” (74%). Anche se, “per favorire l’occupazione in Italia”, secondo il 78% delle imprese, c’è comunque bisogno di una sensibile “riduzione del cuneo fiscale”.

POSTO FISSO ADDIO

L’indagine, intitolata “Dalla Riforma Fornero al Jobs Act. Cosa ne pensano le aziende”, è stata condotta raccogliendo il parere di 290 aziende, il 65% delle quali ha più di 250 addetti. Il quadro che emerge è coerente con l’attuale scenario di crisi economica e occupazionale. Per cominciare, il tanto agognato “posto fisso”, resta appannaggio prevalentemente degli over 35: il 68% degli intervistati, infatti, dichiara di ricorrere al contratto a tempo indeterminato per il loro inserimento in azienda. Mentre solo il 37% dichiara di optare per la medesima soluzione contrattuale quando si tratti di under 35.

I CONTRATTI

Per i più giovani è il lavoro a termine a rappresentare, nel 76% dei casi, il principale veicolo di assunzione. Staccando di gran lunga il contratto di apprendistato (27%) e quello di somministrazione (20%). Senza contare che, negli ultimi due anni, i licenziamenti, sia per giusta causa sia per motivi economici, sono aumentati rispettivamente per il 16% e 13% degli intervistati e rimasti uguali per il 24% e il 10% del campione di imprese prese in considerazione. Aumentano il ricorso a rapporti autonomi con partita Iva (72%) e anche le collaborazioni occasionali (61%).

JOBS ACT QUESTO SCONOSCIUTO

Tuttavia, nonostante il notevole “eco mediatico” avuto dal Jobs Act – il “cavallo di battaglia del governo Renzi”, come lo definisce nell’introduzione Richard Murphy, managing partner di Kpmg – “solo la metà degli intervistati”, ovvero il 52%, dichiara di sentirsi “informato riguardo ai contenuti”. A destare maggiore interesse sono soprattutto le “principali modifiche introdotte dal Decreto Poletti”, il “primo provvedimento che va ad inserirsi nel cosiddetto Jobs Act”. Quello che, per intendersi, riguarda i contratti a termine, anche in somministrazione, per avviare i quali “non sarà più necessaria alcuna giustificazione” e che ha introdotto la “possibilità di proroga, fino a cinque rinnovi, per un massimo di 36 mesi complessivi”, sempre nel limite del 20% massimo di assunti a termine nella stessa impresa. E che per i contratti in apprendistato ha “abolito il limite del 30% relativo al numero di apprendisti da confermare prima di poterne assumere di nuovi”.

EVVIVA IL DECRETO POLETTI

Le aziende reputano come “principali elementi di interesse” le novità sui contratti a termine (nel 63% dei casi), le maggiori possibilità di proroga (27%) e l’acausalità del contratto (22%). La metà (il 49%) delle aziende intervistate “auspica maggior ricorso ai contratti a termine, a discapito dei contratti a tempo indeterminato”. Più critiche le valutazioni sull’apprendistato.

CHE FINE HA FATTO LA FORNERO?

La riforma Fornero, invece, sui cui contenuti l’87% degli intervistati dichiara di essere informato, non ha portato “nessun cambiamento significativo” per il 43% delle aziende. Una percentuale che lievita fino a raggiungere il 64% quando la domanda è stata rivolta “nello specifico della sua azienda” all’intervistato. L’allungamento dell’età pensionabile e i vincoli all’utilizzo dei contratti a termine, inoltre, sono percepiti come criticità rispettivamente dal 27% e dal 23% degli intervistati. E per il 30% l’effetto complessivo è stato quello di un peggioramento del mercato del lavoro. Ciononostante, come fa notare l’avvocato e senatore di Scelta Civica Pietro Ichino, in una lunga intervista introduttiva al sondaggio, la “Riforma Fornero ha avuto comunque il merito di realizzare la riforma degli ammortizzatori sociali e di aver superato il tabù dell’intangibilità dell’articolo 18”.

JOBS ACT PARTE DUE

A febbraio 2015, intanto, dovrebbero diventare legge tutti i decreti attuativi della seconda parte del Jobs Act, ossia quella contenuta nel decreto legge delega approvato dal Senato lo scorso 3 dicembre: riforma degli ammortizzatori sociali e dei servizi per l’impiego, contratto a tutele crescenti e codice semplificato del lavoro. “Tutte novità mirate al superamento del regime della job property per passare alla cosiddetta flexsecurity”, spiega l’indagine. Riecheggiando pari pari proprio una delle perifrasi così care allo stesso Ichino per descrivere i mercati del lavoro tipicamente nord-europei cui da tempo auspica che il nostro Paese possa presto conformarsi.


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