Il land grabbing, letteralmente “accaparramento di terre”, pratica nata come strumento “neocolonialista” per espropriare gruppi e realtà nei “Paesi del terzo mondo”, sta portando a sistematiche sottrazioni di appezzamenti di terreno, specie agricolo, ed anche di abitazioni, di proprietà di non-islamici in Pakistan e non solo. La denuncia, da ultimo, è stata lanciata da un attivista per i diritti umani, Sardar Mushtaq Gill, responsabile dell’Ong LEAD (Legal Evangelical Association Development). Secondo l’avvocato pakistano il fenomeno “è spesso mascherato da casi di blasfemia: tramite false accuse, i cristiani vengono messi in fuga in contese private che nascondono casi di “land grabbing”.
Ai tentativi di dominazione -, come a tutti quelli di matrice totalitaria che hanno punteggiato il Novecento, laddove non ha subito come in Occidente l’assalto frontale che conosciamo -, solo la famiglia fondata sul matrimonio, e quella cristiana in particolare, sta cercando di resistere.
Mushtaq Gill ha citato alcune testimonianze in proposito. Per esempio quella di un operaio cristiano pakistano, che viveva nell’area di Pattoki, il quale aveva lasciato la sua casa per andare a lavorare in una distante fornace di mattoni. Un uomo musulmano ha occupato la sua casa e, solo “la famiglia cristiana, venuta a sapere dell’occupazione illegale, ha provato a chiederne la restituzione ma è stata minacciata e percossa. La famiglia ora ha trovato protezione nella Chiesa del Pakistan (anglicana), che la sta aiutando a promuovere un’azione legale” .
“Ho visto numerosi casi in cui influenti musulmani si appropriano di terreni agricoli appartenenti a famiglie cristiane in Punjab – ha aggiunto l’avvocato Gill -, con la complicità della polizia. Così proprietari terrieri e potenti imprenditori musulmani in Pakistan violano i diritti di famiglie povere e indifese, delle minoranze religiose”.
La pratica del land grabbing è venuta alla ribalta nel primo decennio del XXI secolo, per identificare l’acquisizione su larga scala di terreni agricoli in Paesi in via di sviluppo, mediante affitto o acquisto di grandi estensioni agrarie da parte di compagnie transnazionali, governi stranieri e singoli soggetti privati. Sebbene il ricorso a simili pratiche sia stato largamente diffuso nel corso della storia umana, il fenomeno ha assunto una particolare connotazione a partire dagli anni 2007-2008, quando l’accaparramento di terre è stato stimolato e guidato dalle conseguenza della crisi dei prezzi agricoli di quegli anni.
Ora con il ricorso anche da parte islamista, l’accaparramento delle terre non è più appannaggio di aziende o governi stranieri che acquisiscono appezzamenti considerati “inutilizzati”, senza il consenso delle comunità che ci abitano o che la utilizzano per produrre il loro cibo.
Dal 2008, cioè dallo scoppio della crisi finanziaria, il fenomeno del land grabbing sarebbe “cresciuto del 1000%”, secondo Oxfam Italia, una ong specializzata in programmi di sviluppo e cooperazione. Invece però di continuare a prendersela solo contro gli investitori che cercano di “fare profitto”, sarebbe ora di difendere le famiglie anche contro i tentativi di egemonizzazione diretti ad imporre la sharīʿa. E lo diciamo anche al mondo cattolico che sembra attardarsi solo su letture dell’attuale crisi di matrice anti-occidentale. Penso, dal punto di vista almeno del land grabbing, all’iniziativa di formazione diretta ai dirigenti del Movimento Cristiano Lavoratori, tenutasi dal 18 al 21 giugno scorso a Milano in collaborazione con l’Università Cattolica diretta, come esplicitamente affermato dagli organizzatori, a “mettere in discussione, se non i fondamenti del capitalismo, sicuramente la sua interpretazione della globalizzazione, dalla speculazione finanziaria sulle derrate alimentari al land grabbing” (come scrive Paolo Accomo in Una “summer school” per giovani dirigenti cattolici, su Zenit).
Volgere lo sguardo alle “periferie del mondo”, necessiterebbe anche parlare di quei tanti, sottolinea l’Osservatore Romano, “proprietari terrieri e potenti imprenditori musulmani che violano i diritti di famiglie povere e indifese”.
Al termine dell’Udienza generale del 17 dicembre, Papa Francesco ha espresso il suo profondo dolore per la strage avvenuta il giorno prima nella scuola militare del Pakistan, nella quale come noto sono morte oltre 130 persone, tra cui numerosi bambini. Le operazioni di land grabbing hanno successo soprattutto perché realizzate nella disinformazione dei media, degli operatori e dell’Occidente. E’ così, purtroppo, che se ne garantisce l’impunità.